Un borgo medievale, la sua principessa e i briganti
Il Clan Douglas nel vigneto di Bacco
Narra leggenda che in un tempo lontano, ben prima dell’anno mille, Carlo Magno decise che il nord dell’attuale Italia sarebbe stato un bel territorio da aggiungere a quelli che già aveva e così si preparò, lancia in resta, e partì per conquistarlo.
I Longobardi che abitavano la zona non la presero benissimo e diedero battaglia e allora, in aiuto al valoroso Carlo, arrivarono i feroci guerrieri scozzesi del Clan Douglas guidati da Marius, il figlio minore di uno dei leggendari re di quel territorio lontano.
Il Marius però, una volta vinta la guerra, decise che il posto dove era giunto non era malaccio, visto che pure i romani, sempre per voce di leggenda, avevano già battezzato la zona “luogo consacrato a Bacco”, poiché i vigneti sembravano prosperare in quella zona collinare.
Il luogo era Vigoleno e in quello stesso luogo, un paio di secoli dopo, sorse un castello dominato dalla famiglia Scotti… Scoti, Scotti… cominciate a vedere uno schema?



Uhm… in effetti sembra una teoria da complottisti, così tirata per i capelli che nemmeno una parrucchiera, ma non siamo noi ad aver messo insieme questa storia, bensì gli stessi Scotti che infatti, per quanto ne sappiamo, era inizialmente una famiglia di mercanti che assunse in seguito rango nobiliare, fino a far valere la propria pretesa discendenza dal mitico re scozzese nel 1414, quando Giacomo Scotti ottenne il permesso dall’imperatore Sigismondo di aggiungere al proprio nome quello di Douglas, diventando così Scotti Douglas.
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Nel frattempo Vigoleno aveva passato diverso tempo in zona di guerra, conteso tra Guelfi e Ghibellini e questi scontri erano giunti al loro apice con la distruzione completa del borgo sul finire del milletrecento, a causa di una manovra di guerra che se non fosse vera parrebbe davvero tratta da una qualche commedia italiana… tipo Brancaleone!
In pratica la Ghibellina Vigoleno fu nel 1373 espugnata dalla truppe pontificie che subito vi si installarono e poi, per meglio controllare la zona da eventuali nuovi assalti dei loro nemici, mandarono dei messi a chiedere rinforzi al vicino Castel San Giovanni. Per loro sfortuna questi emissari caddero nelle mani dei Ghibellini che, con un colpo di genio, si travestirono da truppe Guelfe e si diressero bel belli verso il borgo, dove vennero fatti entrare come se fossero dei salvatori e quindi riuscirono a riprendersi il castello senza quasi nessuna resistenza. A quel punto però, tutti un po’ stanchi di giocare sempre a chi riesce a conquistare la Kamchat… ehm… Vigoleno, decisero di radere al suolo tutto.
A quel punto tornarono alla ribalta i nostri Scotti che nel 1389 chiesero e ottennero il feudo dai Visconti e riedificarono nuovamente il borgo nelle forme in cui lo vediamo ancora oggi.
La principessa “Bel culo”
Gli Scotti poi, cosa davvero inusuale, si tennero il borgo di Vigoleno per secoli, con solo qualche piccola interruzione, fino al 1908 quando il castello fu venduto a un ricco possidente che lo tenne solo per pochi anni, per passarlo a sua volta, nel 1921, alla principessa Maria Ruspoli de Gramont.


La cosa divertente è che la famiglia Ruspoli discendeva dai Marescotti che, a loro volta, facevano risalire le loro origini al Marius del Clan Douglas di cui abbiamo parlato all’inizio. Viene il dubbio se la principessa lo sapesse quando decise di comprarsi il castello.
Questa principessa aveva contratto un buon matrimonio, sposandosi giovanissima con il Conte Antoine de Gramont, un francese che aveva trentasette anni più di lei e che era alla sua terza moglie. In patria il Conte veniva bonariamente (o forse non tanto) preso in giro per la sua vita matrimoniale in quanto era conoscenza comune che avesse sposato la prima moglie per il titolo, la seconda per i soldi e la terza per il bel culo.
La principessa Maria “Bel culo” però, sebbene gli abbia dato due figli, non se ne restò di certo con le mani in mano a badare a un uomo così vecchio e cominciò a farsi un giro di amanti e a tenere salotto con intellettuali ed artisti.
Tra i vari amanti uno era un giornalista di Fidenza, Filippo Naldi, che probabilmente per tenersela più vicina le consigliò di comprarsi il castello di Vigoleno e lei, forse affascinata dalla zona che era vicina a Salso Maggiore, al tempo modaiola località termale, fece suo questo suggerimento.
La principessa si insediò nel castello e, grazie ai soldi ereditati alla morte del marito, fece i necessari lavori per renderlo adatto al suo stile di vita, aggiungendovi per esempio un teatrino molto piccolo ma elegante con le sue decorazioni tardo liberty e decorato da uno degli artisti che frequentavano il suo salotto, il pittore Alexandre Jacovleff. Con i suoi 12 posti questo teatrino è il più piccolo d’Europa!

Se visitate il piano nobile del castello potrete ancora oggi vedere alcune sale risistemate secondo il gusto della principessa che, seguendo una moda del tempo, aveva romanticizzato i tempi passati tanto da farsi addirittura ritrarre come una dama seicentesca, ottenendo così il meglio delle due epoche: vestire abiti modermi e comodi ma essere rappresentata come una principessa di altri tempi, sia in un piccolo ritratto a muro che nel teatrino, dove sulla parete viene rappresentata con alle spalle il profilo di uno stilizzato castello di Vigoleno.
Ospiti da oscar
Negli eleganti salotti del suo nuovo castello, tra gli altri personaggi che allietavano le giornate della principessa c’era, manco a dirlo, il Vate Gabriele D’Annunzio, cosa che però non ci stupisce perché quello al tempo era come il prezzemolo e lo si trovava dappertutto, soprattutto se in giro c’era figa, per dire le cose come stanno. Tra gli ospiti meno scontati troviamo invece il pittore surrealista Max Ernst, il pianista Arthur Rubinstein e la coppia Fairbanks – Pickford.

Questi ultimi due, per chi non lo sapesse, erano una coppia di attori americani e in particolare Mary Pickford era molto amata al tempo del cinema muto e anche dopo, famosa soprattutto per i suoi caratteristici riccioli, tanto che fu quasi uno scandalo quando decise di tagliarli! La Mary tra l’altro era una che aveva fiuto per gli affari e conosceva con precisione il suo valore, tanto che fu, insieme a Douglas Fairbanks, che al tempo non era ancora suo marito, Charlie Chaplin e a David Griffith la fondatrice della United Artist, la stessa che oggi appartiere a Amazon. Pensate che questa coppia abbia fatto solo quello e che dopo abbia passato il tempo a passeggiare per l’Italia frequentando la nostra principessa? Niente affatto! Questi due furono infatti tra i membri fondatori della Academy of Motion Picture Arts and Sciences… sì, la stessa Academy che ancora oggi assegna gli Oscar!
Nonostante tutta questa grandeur, la principessa Maria non imparò molto dalla sua amica americana e così, invece di gestire al meglio i suoi soldi, incrementando il suo capitale, finì il bolletta e nel 1935 dovette vendere il castello per poi finire in Francia, risposata con François Victor Hugo, nipote dell’Hugo più famoso per poi seguire altre avventure mentre noi resteremo qui, a Vigoleno, lasciando il castello che ancora contiene parte dei suoi arredi per spostarci verso la piccola pieve di San Giorgio.


Inventando storie sul Santo Graal…
La pieve, come successe a molte chiese nel corso della controriforma, era stata ridecorata intorno al sedicesimo secolo, perdendo il suo aspetto prettamente romanico ma, negli anni sessanta del novecento fu “ripulita” e riportata alle sue forme antiche per meglio integrarsi all’interno di un paese dall’aspetto completamente medievale.
Ovviamente, visto il nome, sopra il portale d’ingresso troviamo San Giorgio che uccide il drago ma quello che piace agli appassionati di Giacobbo si trova all’interno che, come ogni chiesa romanica che si rispetti, è piuttosto oscuro.
Ora noi potremmo dilungarci nel raccontarvi che il grande affresco sul fondo è stato commissionato dagli Scotti agli inizi del quattrocento per celebrare il loro rango nobiliare da poco confermato ma invece ignoreremo tutto ciò in favore della rosa comacina scalpellata sulla seconda colonna a sinistra della navata. Sarebbe banale credere che questo simbolo, tipico delle maestranze che hanno costruito tantissime pievi e borghi nell’arco appenninico indichi solo, come riportano i testi, la perfezione della creazione, oltre a essere la firma di questi costruttori. E’ molto più divertente ritenerlo un simbolo massonico legato a qualche oscura storia di mistero connessa col Graal, visto che proprio nella pieve si trova un affresco dove si vede un angelo che raccoglie il sangue di Cristo in un calice e, a ricordo di ciò, in questo borgo viene prodotto il Vin Santo.

Ah, come dite? Ci avevate creduto? Naaaa… per una volta tutta questa roba ce la siamo inventata noi di sana pianta, solo perché ci piaceva accostare il sangue di Cristo al Vin Santo di Vigoleno che è prodotto in una zona molto piccola, con una lavorazione davvero particolare e che quindi da vita a un prodotto unico che molto difficilmente troverete altrove.
Il Vin Santo, i suoi rischi e i briganti
Ricordiamo ancora con grande affetto il nostro primo incontro col Vin Santo. Era una fredda giornata di gennaio quando vedemmo la Nives in preda alle nausee mattutine. “Nives, ma sei incinta e non dici niente?” Chiedemmo preoccupati. “Chi io? No, tranquilli, è lo spirito santo!”.
Lo spirito in questione era il Vin Santo e la Nives, che era arrivata prima di noi, era già ben oltre il primo (o il secondo, o il terzo) assaggio…
Se poi, dopo aver assaggiato il Vin Santo, decidete di voler comprende appieno questa zona e le sue particolarità, potete intraprendere una lunga passeggiata fino a Vernasca, seguendo quello stesso itinerario lungo il quale trovarono riparo i ribelli che osarono rivoltarsi contro il dominio napoleonico nel 1806 e che per quello furono definiti briganti e duramente repressi e fucilati. A loro ricordo questo itinerario porta ancora il nome di “Anello dei briganti” e lungo il suo percorso, in stagione, è possibile vedere la bellissima fioritura della ginestre.

L’idea del percorso dei briganti vi affascina ma non volete percorrerlo in solitaria? Allora tenete d’occhio le date de “La notte dei briganti”, una serata all’anno, spesso a inizio estate, dove una colorata folla di avventurieri si inerpicherà su questi sentieri per festeggiare poi l’arrivo in notturna a Vernasca con vino, musica e balli!
In questi anni mi sono fatta una vera cultura sui castelli del Piacentino dato che il territorio confina con quello della mia Provincia (io poi lavoro a pochi chilometri da Castel San Giovanni). Vigoleno però non sono ancora riuscita a visitarla e sto aspettando con trepidazione la prossima prima primavera per rifarmi!
Anche noi confiniamo con Piacenza (siamo a Parma) e nonostante tutto qualche castello ci manca ma con calma li faremo tutti!