Qualche tempo fa sono scappata da sola, lasciando il Teo a casa, per andare a Bologna con le Travel Blogger Italiane e passare una giornata in giro tra pettegolezzi di viaggio e qualche commento lascivo sul lato B della statua del Nettuno.
Ovviamente tutte le altre hanno pubblicato ogni genere di cose su questa esperienza mesi fa mentre io, come al solito, sono la ritardataria che arriva per ultima ma… ehm… ormai è assodato che darmi appuntamento e sperare che arrivi puntuale è una roba così oltraggiosamente fantascientifica che nemmeno Asimov se la sarebbe inventata! Voi però potete andare a curiosare sui blog delle altre partecipanti più puntuali di me e scoprire molte cose che di certo io tralascerò di scrivere. Le trovate qui:
La Libera di Liberamente Traveller (precisissima organizzatrice del giro e fieramente bolognese)
La Paola di Pasta Pizza Scones (la donna dalle maglie a righe e fondatrice del gruppo)
La Valeria di Mente in viaggio (lei è mentalmente più in viaggio di me… che è tutto dire!)


L’Arianna di Tropical Spirit (la sua presenza mi fa sospettare che ormai in pianura padana faccia così umido che sembrano i tropici…)
La Cristina di Vi do il tiro (che ringrazio per essere sempre rimasta in coda a farmi compagnia visto che io sono in forma come un bradipo obeso e la salita a S. Luca mi ha stroncata.)
L’Elisa di Eli loves travelling (che mi ha riempita di consigli utili, grazie!)
La Matilde di Around the world (la donna grazie alla quale sono sopravvissuta… visto che si è assicurata che non bevessi troppo prima di mettermi alla guida… non lo fa mai nemmeno il Teo!)
La Teresa di Divertiviaggio (dalla quale io e il Teo vogliamo essere adottati perché va sempre a visitare posti interessanti… lei pensa siano per famiglie ma in realtà sono per nerd!)
In più nel nostro giro a Bologna siamo state guidate da “Succede solo a Bologna”, un’associazione che organizza tour per la città e che, come me, pensa che il pettegolezzo sia la base da cui partire per conoscere meglio una città!
E adesso partiamo alla scoperta non di Bologna ma delle sole Piazza Maggiore e Piazza del Nettuno, perché questa città è una di quelle che non può certo essere liquidata con un solo articolo, quindi la troverete ancora e ancora nel corso dei prossimi mesi!
Sulla piazza ovviamente ci sta quel gran bel cu** del Nettuno, e già su questa fontana+statua c’è molto da dire.
Partiamo dal fatto che fu commissionata nel 1563 dal cardinale Pierdonato Cesi come omaggio al neoeletto pontefice Pio IV (leggi alla voce: il Cesi era un leccaculo!), e l’artista scelto per realizzare quest’opera fu il Giambologna, un promettente scultore che si era già fatto un nome tra i collezionisti fiorentini.
Qualcuno potrebbe essere tentato di credere che Giambologna si chiamasse così proprio perché aveva lavorato a Bologna ma… no. Decisamente no.
Il Giambologna in realtà era francese, nativo di un paesino nel nord della Francia, Douai (vicino alla città di Cambrai di cui abbiamo già parlato), e il suo nome era Jean de Boulogne che fu poi semplicemente italianizzato una volta che si stabilì a Roma intorno ai vent’anni.


All’arrivo in Italia si dice che il Giambologna avesse cercato il suo idolo indiscusso, il Michelangelo, per presentargli i suoi lavori. Ovviamente Michelangelo, che era noto per avere un carattere amabile come quello di un bufalo selvatico che ha appena ricevuto un calcio nelle palle, gli disse che era meglio che cambiasse lavoro, o così si narra.
Il Giambologna però si incaponì e decise di continuare imperterrito a fare lo scultore seguendo quella corrente artistica che si stava sviluppando a quel tempo e che era detta “maniera moderna” e che oggi noi chiamiamo manierismo.
Questo manierismo prevedeva di prende ad esempio dalla triade dei grandi artisti rinascimentali (Leonardo, Michelangelo e Raffaello… no… Donatello non era incluso se non quando si parla di Tartarughe Ninja) e poi di rielaborare i soggetti per renderli più belli e più armoniosi, arrivando anche a sfiorare la distorsione delle forme fisiche nella ricerca del dinamismo.
Così al Giambologna arrivò questo grossa commissione di una enorme (più di tre metri) statua del Nettuno e lui si mise lì e, pensandoci bene, giunse alla conclusione che era ora di rompere un canone estetico caro agli antichi e che era stato ripreso pari pari dagli artisti rinascimentali: il pene piccolo.
Per chi se lo fosse chiesto, sappiate che le statue antiche non hanno il pene piccolo perché al tempo gli uomini lo avevano davvero di quella misura ma era semplicemente un canone estetico in voga nei tempi. Vigeva infatti l’idea che avere un grosso attrezzo tra le gambe rendesse gli uomini “barbari” e “bestiali”, più inclini a seguire gli umori rispetto all’intelletto, mentre un membro di dimensioni ridotte era simbolo delle persone con un raziocinio superiore. Se vi fa strano pensate al fatto che ancora oggi le bionde, per canone estetico, sono considerate delle cretine e vi sarà più facile capire il concetto.
Comunque il Giambologna decise che era ora di dire basta a questo canone e pensò bene di dare al suo Nettuno un pene di buone dimensioni ma qui si scontrò con il muro dei conservatori e, soprattutto, del suo committente che rifiutò recisamente la proposta.
Non sappiamo se il Cesi rifiutò perché era Cardinale e magari la chiesa preferiva che il nudo fosse un po’ meno “scandaloso” o perché credeva nei canoni estetici precedenti, ma l’idea di mettere al Nettuno un pene di ragguardevoli dimensioni fu scartata.

Il Giambologna in realtà aveva già realizzato un bozzetto del Nettuno per un concorso di una fontana di Firenze ma non aveva poi ottenuto la commissione, quindi avrebbe già avuto l’idea bella che pronta ma pare che in seguito al divieto del pene grosso abbia rimesso mano al progetto facendo sì che la statua, guardata da una certa angolazione, sembrasse mostrare un grosso pene eretto.
Il punto preciso da cui guardare la statua per vedere questa particolarità (che ovviamente tutto il gruppo di femmine con cui ero ha voluto ammirare) è detto “Pietra della vergogna” e si trova davanti alla biblioteca Salaborsa.
Se intanto che siete lì decidete di fare un salto all’interno di questa biblioteca, che è stata aperta nel 2001, potrete ammirare qualcosa di davvero curioso: un palazzo antico, ristrutturato in stile liberty, con un pavimento in vetro sotto al quale si trovano, letteralmente, secoli di storia.
Il punto dove sorge oggi la biblioteca Salaborsa si trovava infatti nel centro esatto della Bologna romana e nel corso dei secoli questo posto ha continuato a essere utilizzato per ogni genere di cose, creando così un luogo in cui si sono sovrapposti secoli di architetture i cui resti sono ancora oggi visibili.


Salaborsa per molto tempo però è stata solo un’estensione dell’adiacente palazzo d’Accursio (o palazzo comunale) e ora ci dirigeremo proprio verso questo posto.
La prima cosa che probabilmente noterete è una grande statua, sul portale monumentale, di Papa Gregorio XIII, meglio noto come l’uomo che rubò una decina di giorni alla storia.
Ma come si fa a rubare dei giorni?
Eh, non è certo impresa facile! Innanzitutto non è una cosa che avrebbero potuto fare tutti ma questo papa, che di nome faceva Ugo Boncompagni (da qui in poi solo Ugo), era nato nel posto giusto, ovvero a Bologna, e prima ancora di prendere i voti era stato docente all’università, avendo così acquisito le competenze e contatti tanto necessari se si vogliono rubare giorni in giro.


Ai tempi dell’Ugo, a metà del millecinquecento, si usava ancora il calendario giuliano dove il “giuliano” indicava Giulio Cesare (e questo vuol dire che quel metodo per stabilire lo scorrere del tempo era in vigore da ormai sedici secoli) e siccome non c’è un modo esatto per dividere i giorni in un anno in modo fisso senza incorrere in uno sfasamento sul lungo periodo, era sorto un problema.
Il problema era che a quel punto gli equinozi e i solstizi astronomici non erano più in linea con quelli del calendario. Avete presente quando il 21 giugno potete guardare online la diretta da Stonehenge (se non avete i soldi per andarci di persona) per vedere il sole sorgere esattamente tra due particolari pietre? Ecco, ai tempi dell’Ugo il sole non sorgeva in quel punto il 21giugno ma dieci giorni dopo perché, nel corso dei secoli, il calendario si era sfasato e così lui, per aggiustare questo problema, una volta divenuto papa scrisse a tutti i suoi conoscenti in giro per l’Europa, comprese tutte le università, e si accordò per riallineare le cose.

Tradotto il parole povere si decise al 4 ottobre 1582 non sarebbe seguito il 5 ottobre ma bensì il 15, facendo di fatto sparire una decina di giorni in un sol colpo e sostituendo al vecchio calendario Giuliano il nuovo calendario detto appunto, dal nome pontificale dell’Ugo, Gregoriano.
Questa fu solo una delle cose che l’Ugo fece nel suo tempo da papa e Bologna era molto orgogliosa di aver dato i natali a questo personaggio, così nel corso del tempo tutti si affezionarono alla statua posta sull’ingresso di Palazzo d’Accursio, tanto che quando sul finire del millesettecento si subodorò che presto Napoleone sarebbe arrivato a Bologna, che faceva ancora parte dello Stato Pontificio, e sapendo che il francese aveva in odio i simboli papali, si pensò a come proteggere la statua dell’Ugo dall’essere distrutta.
Fu così che in fretta e furia i bolognesi cambiarono la tiara papale in una vescovile e gli schiaffarono in una mano un pastorale e nell’altra una lapide con il nome di San Petronio e in più, per stare sicuri, misero pure una bella scritta grande proprio sopra la statua che diceva (e dice ancora perché nessuno l’ha più tolta) “Divus Petronius Protector et Pater”. A quel punto erano pronti a far passare il loro caro Ugo per l’altrettanto amato Santo protettore della città pur di salvarlo dalle deturpazioni napoleoniche e l’espediente, anche se forse con qualche tentennamento visto che i nuovi attributi erano un pelino posticci, funzionò.
La statua fu riportata al suo aspetto originale nel 1895 e oggi noi possiamo di nuovo riconoscere l’Ugo in quel tizio barbuto seduto lì.
Se però la statua dell’Ugo si salvò, non andò altrettanto bene agli automi dell’orologio sulla torre del palazzo che, ad ogni ora, scorrevano in una processione capeggiata da un angelo che suonava la tromba seguito dalla Madonna col bambino e dai re magi.
Questa palese manifestazione di fede, che aveva scandito il tempo a Bologna fin dal 1451, fu smontata dai giacobini e gli automi scomparvero senza che nessuno sapesse bene che fine avessero fatto.
Fu solo sul finire dell’ottocento che alcuni di questi automi furono ritrovati nientemeno che nel solaio dell’archiginnasio da Alfonso Rubbiani, un personaggio noto per essersi interessato al restauro di molti palazzi bolognesi.
Oggi questi automi li potete vedere all’interno del palazzo nelle collezioni di arte comunale ma né gli originali né delle copie furono mai più posti sulla torre dell’orologio.

Ancora un’ultima cosa prima di distogliere lo sguardo da Palazzo d’Accursio: tornate un po’ indietro verso la fontana del Nettuno e guardate il davanzale di un finestrone decorato da due aquile. Ecco, si dice che una delle due sia stata scolpita nientemeno che da Michelangelo!
Ovviamente è una diceria ma la vera domanda è: perché Michelangelo? Per rispondere dobbiamo spostarci verso San Petronio e in particolare davanti alla porta magna (che è quella di mezzo).
Che Michelangelo avesse un carattere solare lo abbiamo già detto, ma abbiamo omesso di dire che ad un certo punto fece la conoscenza con papa Giulio II, uno che aveva un carattere anche più accomodante del suo.
I due andavano d’accordo come i miei gatti con i cani dei vicini ma nonostante ciò il Giulio commissionò la sua monumentale tomba a Michelangelo che, lasciatosi irretire dalla grandiosità del progetto, passò sette mesi in cava a selezionare i marmi necessari, solo per scoprire al suo ritorno a Roma che il papa aveva cancellato il progetto.
Michelangelo, sempre solare, lo mandò affanculo, cosa quanto mai appropriata visto che si diceva che il Giulio fosse un pochetto sodomita.


Ci volle del bello e del buono per convincere Michelangelo che non si poteva mandare a quel paese il papa il questo modo, soprattutto quando era il maggior committente di opere d’arte del tempo e così lo scultore, anche se certo non di buona voglia, si decise a incontrare il papa a Bologna, che era appena stata conquistata, per appianare le divergenze.
Nel gergo del Giulio “appianare le divergenze” si riassumeva in “ora mi fai una immensa statua in bronzo di me assiso in atto benedicente ma con sguardo truce e ammonitore e me la fai subito!”. Michelangelo accettò e fece la statua che fu poi posta sulla porta magna di San Petronio.
Questa roba di mettere la statua di un papa sulla facciata di San Petronio ai Bolognesi non stava bene perché quella cattedrale se la erano costruita loro con i loro soldi e il papa, e il clero in generale, non avevano fatto altro che impedirgli di costruirla grande quanto volevano perché, fosse stato per i cittadini, San Petronio sarebbe stata più grande di San Pietro la cui costruzione, tra parentesi, era appena cominciata mentre loro ci stavano lavorando già da molto tempo alla loro cattedrale!
Con questo clima capirete che vedersi il Giulio che li osservava truce dall’alto della Porta Magna faceva venire il sangue cattivo a tutta la cittadinanza e così tre anni dopo, nel 1511, non appena i Bentivoglio riuscirono a strappare Bologna allo stato pontificio, i cittadini si recarono in piazza e abbatterono la statua per poi farla a pezzi.
Da allora Bologna non ha più avuto una statua di Michelangelo, quindi forse è comprensibile che sia nata la leggenda sull’aquila di Palazzo d’Accursio perché, in fondo, a tutti piacerebbe poter vantare un’opera del grande scultore nella propria città, soprattutto se un tempo l’avevi avuta e, per orgoglio e puntiglio, ci avevi rinunciato.


Adesso passiamo al palazzo del Podestà che si trova proprio in faccia a San Petronio e che fu costruito inizialmente nel 1200 salvo poi rendersi conto, pochi anni dopo, che lo avevano costruito troppo piccolo per le esigenze della città e così gli affiancarono un altro palazzo.
Tre anni dopo aver allargato il palazzo del Potestà i bolognesi si ritrovarono coinvolti in uno scontro con l’esercito dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Federico II che era capitanato dal suo figlio bastardo, Enzo di Svevia.
La battaglia avvenne a Fossalta, vicino a Modena, nel 1249, e i cavalieri bolognesi ebbero la meglio sui nemici attaccandoli ai fianchi e costringendoli a ritirarsi verso la città. Nell’attacco Enzo di Svevia fu disarcionato e fatto prigioniero e dopo breve tempo fu portato a Bologna dove fu imprigionato in un’ala del nuovo palazzo costruito per ampliare quello del Podestà.
L’Imperatore chiese di poter riscattare il figlio e leggenda narra che avesse offerto una cifra tale che Bologna avrebbe potuto ricostruirci tutta la cinta muraria della città se avesse accettato ma invece declinò l’offerta.

Un anno dopo la cattura dell’Enzo, il Federico II morì e le trattative si interruppero anche perché l’Enzo non era di certo l’erede ma solo un figlio avuto da una relazione e legittimato in seguito e così, che sia stato perché veniva comunque considerato un pericolo da libero o sia perché nessuno pagò un riscatto, il prigioniero rimase prigioniero. Per 23 anni. Poi morì.
Non fraintendiamo, la sua non fu una prigionia disumana in quanto pare che durante gli anni passati a Bologna abbia scritto circa sei libri e abbia avuto diversi figli, quindi proprio male non se la passava nonostante fosse prigioniero, però da quella dimora non ne uscì mai più o così, ancora oggi, il palazzo si chiama Re Enzo.
Ci fu poi un’altra conseguenza della battaglia di Fossalta, e delle altre tra i Bolognesi e gli imperiali, e fu che la maggior parte delle Signorie del contado furono sconfitte e così ci si ritrovò per le mani una enorme quantità di servi della gleba senza saper bene come gestirli.
Questo problema fu risolto dal Liber Paradisus, un testo di legge del 1257 che aboliva la schiavitù e ridava la libertà ai servi, anche grazie al risarcimento monetario che Bologna s’impegnò a pagare ai proprietari.
Bello! Hanno abolito la schiavitù! Bravi!
Seeee… vabbè, aspettate un attimo a stappare lo spumante: c’era stata una guerra ed erano stati sostenuti molti costi e… sai una cosa? Gli schiavi non pagavano le tasse ma i cittadini sì!
A parte il risvolto cinico (ma realistico) il Liber Paradisus valse comunque a Bologna il titolo di prima città ad aver abolito la schiavitù. Ecco, adesso potete stappare!
Se per caso riuscite a entrare a Palazzo del Podestà, che è spesso accessibile per mostre ed eventi, potreste anche riuscire a vedere il salone del Podestà, affrescato agli inizi del novecento da Adolfo De Carolis in stile (ma pensa un po’!) michelangiolesco. L’affresco, detto anche “I Fasti della Città di Bologna”, raffigura i punti salienti della storia cittadina e ovviamente non mancano, tra gli altri, né la cattura di Re Enzo né gli eventi che portarono al Liber Paradisus.


Ci sono stata per qualche giorno per lavoro e la mattina libera l’ho visitata mangiando, ma è una meta che vorrei recuperare per bene. Ma quanto sono belle le foto?! La voglia di tornarci è sempre di più!
“L’ho visitata mangiando” vince il premio “Visitare Bologna nel modo giusto!”.
Vuol dire che il meglio lo hai sicuramente visitato… per il resto c’è sempre tempo!
(Ri)scoprire Bologna insieme a voi è stato fantastico! Ricordo come se fosse ieri la scena in cui Libera ci ha svelato il dettaglio piccante del Nettuno, è stato esilarante!
Femmine a piede libero con un manzo di bronzo? Era IRRESISTIBILE!
E dire che Bologna la frequento dai tempi del pre-università, ma quella del Nettuno non la sapevo proprio!! Stupenda ahahahhahah finalmente qualche nozione interessante!!
Ammetto che non è merito mio ma della guida di “Succede solo a Bologna”! Appena riesco farò altri tour con loro perchè sono bravissimi!
Con te si impara divertendosi, forse te l’avevo già detto ma se avessi avuto insegnanti come te, a quest’ora sarei stata molto più attenta alle lezioni di storia. La sala Borsa me la segno per la prossima volta che andrò a Bologna!!
Sala Borsa… ecco… la verità è che io stavo cercando un bagno e sono finita lì!!
Prendo in prestito il motto di un amico e ti dico: “Una grande pianificazione non potrà mai battere una bella botta di culo!”
Che bella giornata! Non conoscevo nel dettaglio il tuo blog, ma è davvero un piacere leggerti! Continua così
L’ultima ma la più originale, i tuoi articoli sono davvero unici! Mi ha fatto proprio piacere conoscerti, abbiamo trascorso una bellissima giornata che mi fai rivivere leggendo con il sorriso il tuo articolo. Mi fai rivedere le cose viste sotto una nuova e divertente prospettiva, sei davvero creativa, brava Kry
Quando non c’è bisogno di serietà sono la persona che fa per te… per tutto il resto… ehm… serve qualcun altro! 😂 🤣
Anche per me è stato un piacere conoscere te e tutte le altre e spero di rivedervi presto!
Ho vissuto e lavorato a Bologna per un breve periodo della mia vita e ho adorato quella città. Conoscevo alcuni dei tuoi pettegolezzi (impossibile non apprezzare gli “attributi” del Nettuno sotto tutte le angolazioni) mentre altre mi erano completamente nuove come la storia della statua del papa travestito da San Petronio. Come sempre adoro leggerti!
Questa volta è stato extrafacile scrivere pettegolezzi perchè la guida di “Succede solo a Bologna” ci ha proprio riempite di ogni sordido dettaglio ed è stato bellissimo!
Devo riconoscere che il titolo del tuo articolo incuriosisce parecchio! Bologna è una città meravigliosa, piena di curiosità e storia: la mia parte emiliana qui viene fuori ed esplode l’orgoglio. Visitare Bologna con una guida così esperta e preparata è stato un grande privilegio come farlo in compagnia di tante blogger simpatiche. Leggerti è stato un grande piacere.
Bologna per me è sempre stata un po’ un mistero perchè è lì, tra l’Emilia e la Romagna, e ad attraversarla mi sempra sempre di passare un confine!
Ciao Kristina! È stato un piacere conoscerti di persona grazie al blogtour. Spero di rivederti presto per portarti alla scoperta di altre storie incredibili della mia città.
Ssst… non lo diciamo a nessuno ma ero a Bologna anche la scorsa settimana per mantenere la promessa al marito e portarlo a vedere la mostra sugli Yokai… adesso però, per merito tuo, mi toccherà tornare ancora perchè il bestio mi ha “beccata” che leggevo l’articolo sul museo di Ustica e sta insistendo per vederlo!
Bologna è straordinaria, ogni angolo parla di storia, cultura e… Miti bizzarri! Ho una foto del tritone che mi ha fatto scattare il mio compagno in cui si vede il pipino che in realtà è il dito! Straordinaria quella statua, come pure tutta la storia che ci gira intorno!
Sì, Bologna merita ben più di un giorno perchè e davvero stracolma di cose da fare e vedere… per fortuna per noi è vicina quindi ci toccherà raccontarla ancora e ancora!
Quanto mi sarebbe piaciuto partecipare a questo tour! Sarebbe stato bello conoscere di persona le altre travel blogger, ma magari ci sarà un’altra occasione. Ho riso tantissimo al pensiero di voi ragazze immaginandovi a osservare il lato B di Nettuno. Il dettaglio della Pietra della vergogna me lo segno perché ora questa storia mi ha davvero incuriosita!
Sì! La prossima volta ci conosciamo, dai!!!
Comunque era ovvio che un branco di caramp… ehm… adorabili fanciulle come noi si soffermasse la notare tanta grazia del Nettuno! 😂
Sai che non ero a conoscenza del canone estetico del pene piccolo, in voga in quel periodo? Nessuno ha mai parlato, ne a scuola ne altrove, di questa preferenza degli scultori, forse ancora tabù. Preferisco di gran lunga i barbari e bestiali umori….
Ma davvero nessuno te lo aveva spiegato? Io ho la vaga rimembranza di averlo studiato a scuola ma la mia prof. era un filo eccentrica quindi forse mi sono salvata per quello!
Adesso però tutti a cercare vichingoni grossi e bestiali… ogni doppiosenso era del tutto voluto!😎
Quante informazioni e curiosità interessanti su questa città che ho sempre visto solo di sfuggita! Magari la prossima volta che vado senza mia madre cercherò la pietra della vergogna!
Scappa dalla mamma di nascosto come se avessi quindici anni! Sarà divertentissimo! 😂