Mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri

La mostra “Storie di donne samurai”

Siamo stati invitati a Milano alla mostra “Storie di donne samurai”, una exhibition allestita presso il locale Tenoha a Milano e SIAMO ENTUSIASTI!

Per cominciare dovete sapere che Tenoha è uno spazio multifunzionale dedicato al Giappone che comprende uno spazio espositivo, un ristorante, un café, un negozio dedicato e diverse altre cose.

Tenoha non è nuova a questo genere di exhibition organizzate sempre in collaborazione con Ippocampo Edizioni e con le meravigliose illustrazioni di Benjamin Lacombe.

Questo Benjamin è un autore, fumettista e illustratore francese con un tratto che ricorda vagamente quello di Margaret Keane (l’artista immortalata anche nel film di Tim Burton “Big Eyes” e divenuta celebre per i suoi ritratti di bambini dai grandi occhi) e quello di Mark Ryden, spettacolare autore di illustrazioni oniriche e gotiche.

Sketch di Benjamin Lacombe alla mostra "Storie di donne samurai" al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
Alcuni degli schizzi di Benjamin Lacombe con il piccolo Oni mascotte della mostra

Nelle opere del Benjamin i tratti non sono così estremizzati e tutto è colorato in modo fiabesco e romantico, tanto che la maggior parte delle sue opere riguarda storie per bambini. Nel 2007 il Benjamin iniziò una collaborazione con l’autore Sébastien Perez, col il quale firmerà molti libri tra cui questo “Storie di donne samurai” che è edito per l’Italia da Ippocampo Edizioni. Noi ovviamente non abbiamo resistito e lo abbiamo comprato!

Ci siamo domandati per un po’ come raccontarvi questa exhibition senza farvi troppi spoiler e alla fine abbiamo pensato che, siccome la mostra si concentra nel raccontare in dettaglio la storia di tre di queste eroine, allora noi vi avremmo raccontato delle altre, quelle le cui illustrazioni sono esposte ma non narrate in dettaglio.

Sarebbe impossibile per noi raccontarvi di questi personaggi nel modo romantico e fiabesco con cui vengono descritti nel libro di Perez-Lacombe, quindi dovrete portare pazienza e sopportare un riassunto moooolto più trash!

Una gravidanza elefantiaca

Partiamo con la prima di queste donne speciali, che è anche quella che apre il libro: l’imperatrice Jingū.

La prima cosa che notiamo ripercorrendo la sua storia su Wikipedia è che Jingū, che era vissuta tra il secondo e il terzo secolo dopo Cristo, fu elencata come la quindicesima imperatrice del Giappone dai tempi antichi fino alla fine dell’ottocento, poi con un bel colpo di spugna… sparì.

“In che senso?” Ci potreste chiedere e noi vi risponderemmo: “Facile! Si chiama revisionismo storico!”

O forse no, forse lo possiamo chiamare anche in altri modi perché del suo tempo rimangono davvero pochissime testimonianze e tutte le storie che la riguardano affondano le loro radici in leggende tramandate nei secoli, piuttosto che in fatti storici accertati, quindi potremmo anche credere ottimisticamente che non sia stata estirpata in un momento di misoginia acuta… anche se il sospetto che invece sia andata così permane.

Ma quindi chi era questa tizia che forse è esistita ma forse anche no? Uhm… secondo noi quantomeno riguardo alla sua esistenza un piccolo indizio dovremmo averlo dal fatto che l’imperatore dopo di lei era suo figlio Ōjin, quindi o questo si era partorito da solo o una madre doveva averla avuta, no?

Jingu alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
L’imperatrice Jingu nell’interpretazione di Lacombe
Schizzi di Benjamin Lacombe alla mostra "Storie di donne samurai" al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
Altri schizzi di Lacombe per il libro “Storie di donne samurai”

Per quanto riguarda però le gesta mitiche di Jingū, diciamo che ci sembra abbastanza improbabile che siano avvenute davvero.

In pratica la giovane Jingū rimase vedova mentre era in attesa del sospirato erede. Un’altra magari si sarebbe disperata e avrebbe pianto ma lei, troppo degna per tali puerili esternazioni, si mise a meditare vendetta e, per farlo con calma, si ritirò al mare.

Niente di strano. Chi non vorrebbe farsi un soggiorno al mare per lasciare andare tutto lo stress di una simile situazione? Ovviamente lo faremmo tutti ma magari non proprio come Jingū perché lei con “mare” intendeva “IN FONDO al mare”!

Sui fondali marini Jingū forgiò il suo corpo e la sua anima grazie all’aiuto di Ryūjin, il dio drago, e una volta tornata sulla terraferma, incazzata come solo una donna incinta con gli ormoni alle stelle può essere, sconfisse i ribelli che avevano decretato la morte del suo sposo e poi volse le sue mire verso le terre di Silla, aldilà del mare.

Sempre sull’onda degli ormoni della gravidanza, in soli tre anni conquistò Silla e tornò in patria da vincitrice e, a quel punto, assunse il ruolo di Imperatrice.

Solo allora, avendo assolto la sua vendetta e conquistato un nuovo regno, decise che poteva abbandonare il suo stato di grazia dovuto agli ormoni e, finalmente, partorì il figlio che aveva in grembo.

Vorremmo farvi presente che la gravidanza di un elefante dura soli 22 mesi, quella di Jingū durò più di 36… pure noi avremmo avuto paura a starle vicino a quel punto!

Che questa storia sia leggenda è ovvio, ma alcuni studiosi che riconoscono nel regno di Silla la Corea, sostengono che un fondo di verità debba esserci perché nel Santuario Isonokami, nella prefettura di Nara, viene custodita fin dai tempi antichi la Spada a 7 braccia che si dice fosse stata regalata a Jingū dal re di Silla.

Come dite? Pensavate che la spada Nanatsuyanotachi fosse un’invenzione di Final Fantasy? Ebbene no, non solo non lo è ma è anche stata utilizzata in molti altri manga e videogiochi perché la sua forma strana, e la sua aura fantastica, hanno eccitato la fantasia di molte persone nel corso dei secoli, come è successo per la più occidentale Excalibur, né più né meno.

Una katana alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
No, questa ovviamente non è la mitica spada a 7 braccia (o rami)

Se però siete già pronti a comprare un biglietto aereo per andare a vedere questo artefatto che vive tra il mito e la realtà, ci toccherà deludervi e avvertirvi che questa spada non è esposta al pubblico e quindi, a meno che non siate esimi studiosi, difficilmente potrete vederla dal vivo!

Tomoe Gozen alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
Una delle installazioni alla mostra “Storie di donne Samurai” a Tenoha

Giovanna d’Arco, Giulietta e Remì

Adesso però facciamo un salto avanti nel tempo e parliamo di un’altra delle donne samurai illustrate da Lacombe: Tsuruhime.

La storia di Tsuruhime è l’opposto di quella dell’imperatrice Jingū, nel senso che fino agli anni sessanta questa donna guerriera quasi non esisteva ma poi uscì il romanzo “Il mare, la donna, l’armatura: la Giovanna d’Arco di Setouchi” (traduzione approssimativa del titolo by Kry) e  raccontò di questa mitica eroina. Da allora il santuario dove si trova la sua presunta armatura è stato preso d’assalto dai turisti, le sono state intitolate statue, festival e altre celebrazioni e tutti sembrano desiderosi di saperne di più sulla sua figura tragica e romantica.

La storia narrata nel libro dice che Tsuruhime era la figlia del sacerdote del tempio Ōyamazumi, sull’isola di Ōmishima.

Tsuruhime era una ragazzona grande e grossa che già da neonata rideva con una forza tale da stupire tutti e così il padre pensò bene di addestrarla alle arti marziali insieme ai fratelli perché tanto… che male vuoi che faccia allevare una ragazzina a riso, religione e arti marziali?

Per un po’ filò tutto liscio ma come tutti sanno la sfiga ci vede benissimo e così i due fratelli maggiori di Tsuruhime caddero in battaglia e il padre si ammalò gravemente e poco dopo morì. Non sentivamo di una con così tanta iella addosso dai tempi di Remì ma non preoccupatevi perché la Tsuruhime non si lasciò abbattere dalle avversità e prese in carico il tempio come nuova sacerdotessa.

A quel punto cominciarono a profilarsi all’orizzonte le navi del clan Ōuchi che volevano conquistare l’isola e gli abitanti del luogo si resero conto di essere in inferiorità numerica e anche poco addestrati ma poi, provvidenzialmente, Tsuruhime intervenne.

“Io non sono solo una sacerdotessa! Sono l’incarnazione del dio Myojin! Seguitemi e vinceremo! E se non mi credete venite qui che vi gonfio come pesci palla!”

Ed è per questo suo credersi l’incarnazione di un dio, e per la sua giovane età, che Tsuruhime fu paragonata spesso a Giovanna d’Arco e, come la santa francese, le sue strategie erano illuminate e vincenti e grazie a lei l’isola di  Ōmishima respinse varie volte gli attaccanti.

In uno di questi scontri si dice che Tsuruhime abbia sfidato personalmente Takatoto, un generale nemico che subito, trovandosi davanti una ragazza, la sbeffeggiò. Un resoconto pare che riporti la storia in questo modo:

La storia di Tomoe Gozen alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
La storia di Tomoe Gozen è una di quelle raccontate in questa mostra (ma della quale non vi facciamo spoiler!)
Yamamoto Yaeko alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
Anche la storia di Yamamoto Yaeko è tra quelle rappresentate qui a Tenoha

“le parole irrispettose di Takatoto a Tsuruhime erano taglienti, ma non così taglienti come la spada con cui lei lo pugnalò.”

Tsuruhime, tra un combattimento e una preghiera, si ritagliò pure il tempo necessario per trovarsi un fidanzato ma intervenne di nuovo “l’effetto Remì” e il suo promesso sposo cadde in battaglia.

In seguito a quell’evento lei, decisa a seguirlo nella morte, prese una barca e remò fino a giungere al santuario del dio Myojin e, una volta lì, pronunciò le sue ultime parole:

“Che l’oceano di Mishima mi sia testimone, il mio amore sarà inciso insieme al mio nome.”

Poi si abbandonò alle acque e affogò.

Insomma, Tsuruhime accorpava in un’unica persona la follia ispirata della Giovanna d’Arco, la sfiga del Remì e pure il romanticismo suicida della Giulietta ma, in tutto ciò, c’è un fondo di verità?

Come sempre in questi casi non lo possiamo sapere per certo ma di una cosa siamo sicuri: nel tempio di Ōyamazumi è ancora conservata un’armatura che si dice fosse la sua. A guardarla bene, con il petto largo e la vita stretta, questa armatura ricorda le forme femminili ma gli esperti sono restii ad ammettere che fosse un vero accessorio da combattimento adatto a una donna.

A confondere ulteriormente le acque dovete anche sapere che il tempio di Ōyamazumi era dedicato al dio Ōyamatsumi al quale molti samurai erano devoti e quindi divenne consuetudine, nel corso del tempo, offrire a questo santuario armi e armature come doni votivi e a oggi si calcola che il quaranta percento degli oggetti di questo tipo presenti in tutto il Giappone si trovi qui, tanto che questa imponente collezione è stata dichiarata tesoro nazionale.

Con questa quantità di armature giunte da ogni dove, chi può dire per certo che quella di Tsuruhime non fosse davvero appartenuta a lei?

Incenso alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
Vasi d’incenso in una delle installazioni a Tenoha

Quella rospa di Nakano Takeko

Ma allora, starete cominciando a chiedervi, tutte queste storie di donne samurai sono solo leggenda? Assolutamente no, perché è ovvio che alla base di ogni storia debba esserci della verità ma a parte questo alcune di loro hanno combattuto in tempi così recenti che ne abbiamo testimonianze di ogni genere, come nel caso dell’ultima guerriera di cui vi parleremo: Nakano Takeko.

La sua storia non è leggenda e forse per questo ci sentiamo di raccontarvela in modo un pochino più serio perché questa ragazza, insieme a molte altre, combatté valorosamente nella Guerra Boshin.

Ogama alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
Ed ecco qui il grande rospo Ogama!

La Guerra Boshin significa letteralmente “guerra dell’anno del drago” ma questo nome così altisonante in realtà si riferisce alla guerra civile che infuriò in Giappone tra il 1868 e il 1869 e che vide contrapposte le forze dello shogunato Tokugawa a quelle dell’imperatore Meiji.

Nakano Takeko era la figlia di un samurai molto noto e insieme a sua sorella fu addestrata fin da piccola all’uso della naginata, un’arma che era composta da una lunga asta sulla quale era fissata una lama.

Era l’arma delle donne, alle quali non era consentito usare le katane, le vere e proprie spade, e Takeko non solo era molto abile nell’uso della naginata ma per anni, fin dall’adolescenza, aveva addestrato altre donne, fossero amiche o semplici conoscenti.

La sua abilità era anche stata notata dal suo maestro che l’aveva paragonata al grande rospo Ogama in grado di distrarre i nemici con i suoi fumi colorati come lei faceva con il suo aspetto femmineo… siamo abbastanza sicuri però che Takeko non fu poi così lusingata dall’essere paragonata a un rospo…

Quando scoppiò la guerra lei e le altre cercarono di arruolarsi ma in quanto donne furono respinte e allora, poiché erano impavide e pronte alla lotta, decisero di raggiungere la battaglia da sole per aiutare i samurai.

L’esercito imperiale contro il quale combattevano era armato di fucili mentre loro avevano  solo le naginata ma i soldati, quando si resero conto che ad attaccarli erano delle donne, esitarono a sparare e l’esercito di Takeko li colpì senza pietà.

Quando i fucili ripresero a sparare in molte caddero, compresa Takeko che però, prima di morire, ebbe il tempo di chiedere alla sorella Yūko di non lasciare che i nemici profanassero il suo corpo tagliandole la testa per farne un trofeo.

La sorella, eseguendo le ultime volontà di Takeko, le tagliò la testa e la portò con sé e, dopo la battaglia, la fece seppellire nel tempio Hōkai, sotto a un grande pino, poi Yūko donò a quello stesso tempio l’arma della sorella ma tenne sempre con sé la sua, quella usata per tagliarle il capo.

Allestimento con specchio alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
La storia di Takeko e Yūko non è la sola che parla di due sorelle perchè durante la mostra farete la conoscenza aanche di Miyagino e Shinobu
Un tempio alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
Il tempio Hōkai dove fu sepolta Takeko nell’interpretazione di Lacombe

Yūko morì nel 1931 dopo aver avuto un marito e tre figli e, alla sua morte, la sua naginata fu donata alla Aizu Samurai House dove ancora oggi si trova.

La storia di questo esercito di donne, che uccise 172 samurai in combattimento, è solo accennata nel corso della mostra ma la cosa che ci fatto sorridere è che la bellissima illustrazione di Lacombe del tempio Hōkai nel quale fu sepolta Takeko, è la stessa che è stata utilizzata per sistemare una panchina dove i visitatori possono sedersi per scattarsi un selfie.

Anche noi non abbiamo resistito a farci una foto davanti a questo grande pannello che richiama alla mente un posto fatato ma che, in realtà, è stato l’ultima dimora di una ragazza di ventuno anni che, contro qualunque regola e seguendo solo il suo coraggioso cuore, ha dato la vita per ciò in cui credeva.

Se a questo punto vi abbiamo incuriositi e volete conoscere le altre storie di queste donne coraggiose, anticonformiste e a volte spietate, dovrete proprio recarvi alla mostra “Storie di donne samurai” oppure prendervi il libro di Lacombe-Perez e perdervi nelle illustrazioni dell’uno mentre leggete le commoventi parole dell’altro.

Teo e Kry alla mostra "Storie di donne samurai" di Benjamin Lacombe al Tenoha di Milano. Foto sul blog di viaggi Nerd in Spalla: viaggiatori poco seri
Anche noi non abbiamo saputo resistere alla tentazione di immortalarci davanti al tempio dove riposa Takeko!

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  • Storie di donne samurai di Perez – Lacombe
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  • 21 commenti

    1. Questa mostra deve essere interessantissima e sono certa che le gesta delle tre eroine narrate con enfasi e poesia mi commuoveranno, però devo dire che adoro le tue storie e mi sono affezionata tantissimo anche alle altre soprattutto all’imperatrice dalla gestazione da elefante!

      1. E’ ovvio che qualunque esercito si arrendesse davanti a una con tre anni di ormoni impazziti!😂

    2. Ma la Giovanna D’Arco dell’ isola di Ōmishima ha avuto una vita travagliata a dir poco, altroché il povero Remì, che ovviamente è il simbolo della sfiga nel mondo. Comunque gli schizzi di Lacombe sono poesia pura…

      1. Non credere… pure le altre raccontate in mostra non hanno i più lieti dei finali!😂

    3. Considerando il mio amore per il Giappone e la cultura giapponese, mi sarebbe piaciuto vedere questa mostra se fossi stata in zona. Come sempre avete un modo di vedere le cose che intriga!

      1. Come sempre, se vedo che ti aprono qualcosa del genere vicino, non solo te lo farò sapere ma verrò anche io!!!😂

    4. La mostra mi è piaciuta tantissimo e poterla visitare con il kimono ha reso tutto ancora più magico. Sono rimasta affascinata da tutti i racconti illustrati da Lacombe. Non vedo già l’ora che esca il prossimo libro e la prossima mostra.

      1. Sei la mia eroa anche solo per esserti messa il kimono! Io li ho guardati, mi è venuto un caldo orribile e sono passata oltre… mi rifarò quando andrò in Giappone!

    5. Queste storie sono davvero incredibili! Avevo già letto di questa mostra in Tenoha, forse è il momento di visitarla!

    6. Certo che mi avete incuriosito anche perché adoro il Giappone e tutto ciò che ruota intorno, questa mostra sembra davvero interessante anche perché le donne samurai sono sicuramente figure poco raccontate nella storia, certo il massimo è leggere i vostri resoconti romanzati che mi fanno sempre sorridere!

      1. Eh, noi in questo caso avremmo voluto dare un taglio più epico e altisonante a queste storie ma… come sempre ci è scappata la mano… 😅

    7. Non credo che riuscirò a vedere la mostra, purtroppo, ma intanto mi sono “consolata” sfogliando online le pagine del libro. Con Ippocampo non si sbaglia mai, e in particolare Storie di donne samurai mi sembra un ottimo autoregalo che potrei farmi. Magnifiche le illustrazioni!

      1. Io mi sono autoregalata diversi libri mentre passavo per lo shop e ora sono orgogliosissima dei miei acquisti! 😍

    8. Sono contenta di aver letto anche il tuo articolo a riguardo! A me la mostra è piaciuta davvero moltissimo, come a voi, e sono contenta di vedere come, ancora una volta, Milano possa ospitare un angolo del Giappone in maniera così magistrale! Questa collaborazione tra Tenoha e L’Ippocampo deve continuare per molto, oh sì!

      1. Io sono orribilmente di parte ma cullo la speranza segreta che prima o poi Tenoha e Ippocampo mi prendano in considerazione “Dracula” di Marco Furlotti per un’esposizione…😍

    9. Non ho mai amato la cultura giapponese ma questa mostra mi intriga. Soprattutto dopo aver letto la tua recensione in chiave nerd. E poi, vogliamo parlare dell’esplosione dei colori??? Magnifici

      1. I colori erano davvero stupendi e la mostra, con le varie parti immersive era molto divertente. Credo ti sarebbe piaciuta anche se l’argomento non è proprio il tuo!

    10. In questo giorno sto leggendo un sacco di articoli sulla mostra delle donne samurai e come amante del Giappone non posso perdermela!

      1. In pratica ci stiamo andando tutti e ne sono felice perchè secondo me merita tantissimo… ma io potrei essere di parte perchè Lacombe mi piace davvero molto…

    11. Ho letto su molti blog di questa nuova mostra di Tonoha, sembra molto interessante e sto pensando di andarla a visitare nelle prossime settimane

      1. Sììììì! Tutti alla mostra “Storie di donne samurai”!!!
        Io adoro Lacombe e ci sarei andata anche se fosse stata una mostra sulle sue illustrazioni a tema favole occidentali, ma ammetto che il Giappone ha sempre il suo fascino!

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