Storie dal borgo più bello della Svizzera
Il borgo di Gruérius
C’era un tempo lontano, che affonda nelle nebbie della leggenda, in cui un valoroso condottiero di nome Gruérius giunse, dopo molte battaglie, in un paese selvaggio e ricoperto di foreste. Per poter meglio vedere il territorio in cui si trovava, salì su uno scosceso promontorio e osservò tutto fino al tramonto, quando il cielo si tinse di rosso. Fu allora che sul cielo cremisi si stagliò la sagoma di una bianchissima gru che, impavida, scese fino ad atterrare sulla spalla di Gruérius. L’uomo, ritenendola un segno benaugurante, decise di fermarsi in quel luogo e di costruirvi il suo castello, scegliendo come stemma una gru bianca su fondo rosso. Ancora oggi il borgo di Gruyeres, che porta il nome di quel mitico fondatore, usa lo stesso stemma, quindi non stupitevi se in giro per questo paese lo troverete replicato più e più volte!
Questa leggenda di apertura, però, è solo una delle molte che vengono ricordate in questo borgo e che lo rendono una specie di paese in cui le favole sono diventate realtà… o forse è il contrario… Fatto sta che, per rendervi meglio l’idea di quanto le leggende siano radicate a Gruyeres, ancora prima di entrare dalla porta del borgo troverete sul sentiero la scultura di una pastorella con la sua capretta, entrambe pronte ad accogliervi e a raccontarvi la loro storia.


Le capre soldato
Correva l’anno del Signore 1349 quando una sanguinosa guerra contrappose gli abitanti di Gruyeres a quelli di Friburgo. Quando arrivò il giorno della battaglia, sotto le mura del borgo si schierarono gli eserciti che, per numero, erano simili ma i Friburghesi aspettavano rinforzi dalla città di Berna, mentre i loro avversari non avevano nessuno cui chiedere aiuto.
Le donne del borgo si erano asserragliate nel paese e quando, verso sera, videro arrivare i rinforzi che avrebbero rinfoltito i numeri dei loro nemici, si disperarono. Solo una di loro mantenne la testa sulle spalle e concepì una folle idea: “Attacchiamo delle torce alle corna delle capre e guidiamole verso i Bernesi!”.
Grazie alle ombre della sera e alla polvere sollevata dai numerosi greggi di capre, i Bernesi videro solo una lunga fila di torce accese, molto più numerose di quanto potessero aspettarsi, senza ben comprendere chi fosse quel nuovo nemico che giungeva fiammeggiando come se fosse uscito dall’inferno stesso e così, in preda al panico, scapparono lasciando la vittoria alla gente di Gruyeres che, quando comprese lo stratagemma, urlò in coro: “Lunga vita alle nostre mogli e sorelle!”
Un’eredità burlesca
Ma andiamo avanti e lasciamoci alle spalle la statua della pastorella con la sua storia per entrare nel borgo vero e proprio, dove potremo vedere la casa dove si dice avesse vissuto Chalamala, il giullare del conte Pietro IV e autore di molte storie e canzoni che resero celebre Gruyeres. Anche la ‘burla’ delle capre con le fiaccole attaccate alle corna si dice fosse farina del suo sacco, ma lo scherzo per il quale la leggenda lo consacrò fu quello della sua eredità. Si racconta, infatti, che dopo la sua morte fu ritrovato il testamento di Chalamala, il quale aveva lasciato in eredità i suoi vestiti da giullare, e tutti i suoi debiti, nientemeno che al duca!
Ovviamente questa è solo una storia perché la realtà ci racconta invece che il giullare, realmente esistito, lasciò in eredità tutti i suoi beni terreni alla moglie e alla figlia… però la versione leggendaria è molto più divertente!
Gruyeres ha appena cominciato a stupirci con le sue storie, perché tutto questo lo abbiamo scoperto ancora prima di raggiungere il portone del suo castello… e i castelli, si sa, sono posti leggendari per antonomasia!


L’attrazione appassionata
Il castello, dopo essere appartenuto ai Conti di Gruyeres per circa tre secoli, passò di mano ai Friburghesi che v’insediarono i loro ufficiali giudiziari. Del periodo medievale rimane poco a parte la struttura ma di quello successivo invece ci sono giunti i camminamenti di legno e la “Salle des Médaillons” con le sue pitture murali e le vetrate araldiche. Quando il castello fu messo all’asta, nel 1849, la famiglia che lo comprò ne cambiò drasticamente l’aspetto, rendendolo ciò che possiamo vedere ancora oggi.

E’ di questa famiglia che ora vi parleremo, perché i Bovy erano sì gioiellieri, ma la loro vera passione era l’arte. Al tempo circolavano in certi ambienti le idee di un tale di nome Charles Fourier, che aveva inventato una teoria tutta sua sullo sviluppo sociale. Questo Fourier credeva che alla base dello sviluppo dovesse esserci una ‘attrazione appassionata’. Tale forza a suo parere forgiava i destini degli uomini. In soldoni il Charles pensava che la struttura del mondo (politico, sociale ed economico) impedisse agli uomini di seguire le loro vere passioni e che, in questo modo, li tarpasse. Per raggiungere il pieno potenziale, e un’utopica armonia universale, gli uomini avrebbero dovuto seguire solamente le proprie passioni, vivendo in comunità di persone con gli stessi obiettivi, in modo da poter veicolare al meglio l’attrazione appassionata.


Sull’onda di queste idee, i Bovy invitarono a vivere a Gruyeres una folta schiera di artisti e molti di loro, nel corso degli anni, lasciarono la loro impronta nel castello. Si possono così ammirare le sale affrescate da Camille Corot, passando poi alla superba ‘ Sala dei cavalieri’ dipinta da Henri Baron e Barthélemy Menn. La cosa divertente di quest’ultima sala è che le scene che potete vedere sui muri sono quelle, sia storiche sia fantastiche, del borgo di Gruyeres e quindi, tra le altre, troverete anche la vicenda delle capre che vi abbiamo raccontato prima!
Anche se quest’idea di una comune di pittori poteva essere all’avanguardia, bisogna anche dire che resse alla prova del tempo, perché attraversò più di una generazione, come dimostra il pittore Auguste Baud-Bovy che sposò Zoe, la nipote di un Bovy, che a sua volta era una miniaturista, e dopo il matrimonio aggiunse il nome di lei al suo. A loro volta anche i figli della coppia furono pittori e appassionati d’arte, aggiungendosi alla lunga schiera di artisti che si erano formati all’ombra di questo castello.
Dove dormi stasera?
Dopo questa parentesi artistica torniamo però alle leggende, perché queste stanze ne nascondono ancora un paio e la prima è quella della “Bella Luce”.
Si dice che Jean II, che fu conte di Gruyeres all’inizio del sedicesimo secolo, un giorno s’invaghì della bella contadina Luce e le promise delle terre se questa avesse passato la notte con lui. Luce era già sposata ma la proposta era allettante, così accettò e si recò al castello di Gruyeres per passare la notte con il conte. Durante la cena Luce insistette per far bere l’uomo che, prima ancora di rendersene conto, cadde addormentato a causa dei fumi dell’alcol. Il mattino dopo Luce gli disse che aveva mantenuto la sua parte dell’accordo, dal momento che aveva passato la notte al castello, e il conte, divertito dall’inganno, le concedette comunque la terra promessa.
Questa storia era piuttosto nota al tempo in cui i Bovy comprarono il castello e, per questo motivo, la famiglia decise di dedicare alla bella Luce una camera che fu poi arredata con uno stile che avrebbe dovuto ricordare i tempi di quella storia.

Il mistero della mano mozzata
E siamo così arrivati all’ultima delle leggende che abbiamo incontrato in questo castello, cioè quella de “La mano mozzata” che però non è solo una storia ma un insieme di racconti, creati per giustificare la presenza nel castello di una misteriosa mano, mozzata e annerita, che si può vedere in una vetrinetta ma che, al tempo dei Bovy, faceva parte di una camera delle meraviglie che la famiglia aveva creato nel castello.
Siccome l’origine di tale mano era incerta, si crearono intorno ad essa varie storie: c’era chi pensava che fosse una reliquia, forse la mano di un santo riportata dalle crociate cui i valorosi di Gruyeres avevano partecipato nel 1099. Altri pretendevano che fosse la mano di un nemico, mozzata durante la battaglia del 1476 tra Morat e Carlo il Temerario e portata al castello per ricordare la grande vittoria. Altri ancora facevano risalire la mano a quella di un malcapitato che era perito durante un incendio avvenuto nel 1493. C’era poi tutta una serie di persone che, osservando il taglio dell’osso, immaginavano che la mano fosse appartenuta a un ladro cui era stata tagliata mentre altri, osservando le dita sottili e il colore annerito, presumevano che fosse stata la mano di una giovane donna accusata di stregoneria e morta sul rogo.

Nessuno sa di preciso da dove provenga questa mano, chi l’abbia per primo portata al castello e perché, ma quello che sappiamo per certo dal 2003, grazie a un’indagine effettuata dall’istituto di ricerche antropologiche d’Aesch, è che apparteneva a una mummia che fu imbalsamata con il metodo classico in uso fino al terzo secolo.
L’ipotesi più probabile, avanzata finora, è che sia arrivata in Europa in seguito alle spedizioni di Napoleone in Egitto ma la sua vera storia resta ancora materiale da leggenda.
Non ci resta che sperare che qualcuno raccolga il lascito del giullare Chalamala e inventi nuove storie su questo borgo, perché sarebbe un peccato se Gruyeres smettesse di arricchirsi di evocative leggende!