L’Abbaye du Thoronet e il Folchetto di Marsiglia
Dalla piscina all’abbazia
E volte accade anche a noi di voler passare qualche giorno di vacanza senza visitare nulla, restandocene solo a bordo piscina con una birra in mano.
Eravamo immersi in queste stressantissime attività quando una forza superiore ci ha annunciato che era ora di rimetterci in marcia e di lasciare il nostro tranquillo angolo di paradiso con piscina per visitare luoghi più stimolanti.
Sì, vabbe’… in pratica si è messo a piovere e in una sola notte siamo passati da trentacinque gradi a diciannove così, accantonata l’idea di restarcene in costume con birra ghiacciata, abbiamo ripiegato su una visita culturale non troppo lontano da dove ci trovavamo.
La scelta è ricaduta sul l’Abbaye du Thoronet che si trova in un luogo che sembra, a prima vista, quasi magico perché è isolata in mezzo a un folto bosco mediterraneo del sud della Francia che riporta alla mente paesaggi di altri tempi.


Thoronet è anche nota come una de “Le tre sorelle della Provenza” un insieme tre abbazie che comprendono questa, quella di Senanque e quelladi Silvacane, che sono considerate le migliori espressioni del monachesimo cistercense in questa parte del mondo.
I cistercensi sono un ordine monastico che prende il nome dall’abbazia di Cîteaux e che nacque dopo l’anno mille come risposta alla dilagante corruzione dei religiosi di Cluny.
In pratica questi monaci volevano riscoprire la comunione con dio grazie all’isolamento, al duro lavoro e alla preghiera e anche le loro abbazie rispecchiano questa loro ferrea fede.
All’Abbaye du Thoronet troverete una costruzione sobria al limite dell’ossessivo, dove le rarissime sculture non sono decorative ma servono a uno scopo pratico: per esempio all’ingresso della sala capitolare si può vedere un capitello decorato con una lingua tagliata in due, segno che in quel posto vigeva la regola del silenzio.


I monaci erano così abituati a non parlare mai che avevano addirittura sviluppato una serie di segni manuali che usavano per dare istruzioni ai conversi, ovvero quei laici che vivevano con loro nel monastero e che ne seguivano le regole anche senza essere religiosi e che spesso erano al loro servizio.
Amori e patimenti di un trovatore
Ma quindi, chiederete voi, se questo posto era abitato da monaci tanto pii di certo non ci sarà nessuna delle solite storie piene di scandali e intrighi in questo posto, giusto?
Ni. Diciamo che l’abitante più celebre dell’Abbaye du Thoronet era un uomo talmente “buono” che Dante lo mise addirittura nel Paradiso ma forse, visto il cambio di sensibilità tra ora e allora, oggi noi non definiremmo più Folquet de Marselha un sant’uomo sebbene sia un Beato della chiesa cattolica.
Ma chi era questo tizio che, come ci dice Wikipedia, in italiano si chiamava Folchetto di Marsiglia? E come arrivò a vivere in questa abbazia?
Il Folco, come lo chiamerà Dante nella Divina Commedia, era un trovatore nato a Marsiglia (forse… non siamo proprio sicuri perché suo padre era di Genova e dove nacque non è certo!) che viveva nel sud della Francia e di mestiere scriveva e musicava canzoni. Un cantautore insomma.
Al tempo il genere musicale di moda era quello che parlava dell’amor cortese, questo sentimento che nobilitava chiunque amasse sfrenatamente, sia in senso fisico che mentale, e i trovatori erano delle specie di rock star le cui canzoni, si riteneva, erano solo la trasposizione delle loro avventure più o meno erotiche.

Del Folco sono giunte fino a noi diverse composizioni e in molti hanno scritto del suo tempo da trovatore, assegnandogli una buona dose di flirt, ma la storia che piaceva di più al pubblico era quella del suo amore per Eudocia Comnena, un principessa che arrivava dall’Impero bizantino.
Ovviamente le principesse bizantine non erano solite girovagare per il mondo solo per fare le turiste e infatti l’Eudocia si trovava in zona perché era andata sposa al signore di Montpellier che quando sentì dire che sua moglie se la intendeva con un trovatore non la prese bene: divorziò da lei e la spedì in convento.


In alcune versioni della storia a questo punto Folco, disperato per l’amor perduto, si ritirò nell’abbazia di Thoronet mentre in altre si consolò innamorandosi perdutamente di Adalasia di Porcaraga, una sua collega trovatrice.
L’Adalasia, essendo del mestiere, non fu minimamente impressionata dalle canzoni d’amore che il Folco le dedicò e si rifiutò recisamente di dargliela.
Già questo sarebbe bastato a gettare il Folco nello sconforto ma poi, prima che riuscisse a far cambiare idea alla sua bella, questa morì e a quel punto lui si prese i voti e si ritirò nell’Abbaye du Thoronet.

Da dissoluto a beato… via crociata
Entrambe le versioni di questa storia sono un carico di trippa per gatti degna del miglior giornalaccio scandalistico e pare che la realtà fosse ben diversa: il Folco era un ricco mercante maritato e con figli che di hobby faceva il trovatore con pure un certo talento ma le sue appassionate canzoni erano più invenzione che altro.
E’ vero però che ad un certo punto della sua vita, nel 11195, il Folco ebbe una profonda crisi religiosa che lo portò ad abbracciare la vita monastica e, per non sbagliare, mandò in convento pure la moglie e i due figli.
Nel giro di soli sei anni divenne abate ma davvero non ci spieghiamo come fece perché per essere un trovatore bisognava avere una buona parlantina e lui invece si era andato a far monaco in un’abbazia dove vigeva la regola del silenzio… come fece uno come lui a distinguersi tra gli altri senza parlare? Mistero!
Appena divenne Abate il Folco pensò bene di fondare un monastero femminile, quello di Saint-Pons-de-Géménos, e pare che lì installò poi sua moglie.
Una volta sistemata la famiglia si mise d’impegno per fare carriera seriamente e nel 1205 divenne vescovo di Tolosa e a quel punto cominciò a guardarsi intorno e notò che nelle sue terre dilagava l’eresia catara.
L’eresia catara aveva preso piede come un incendio, in queste zone, perché in molti erano stanchi del clero ricco e dissoluto che dettava legge sulle terre ma se il fenomeno fosse rimasto circoscritto a poveri e agli umili di certo nessuno avrebbe mai nemmeno sollevato un sopracciglio. Quando però anche i nobili della regione cominciarono ad aggregarsi a queste credenze e soprattutto a finanziare i catari piuttosto che il clero, la questione si fece più seria.
Il Folco, nella sua qualità di vescovo, pensò che fosse ora di fare qualcosa, così cominciò a viaggiare ovunque per chiedere l’intervento di nobili e re contro questa eresia che ormai era diffusa ovunque nel sud della Francia.
Fu in quel periodo che Fulco cominciò a frequentare gentaccia del calibro di Domenico di di Guzmán che diventerà poi San Domenco.
Il Domenico in realtà pare fosse un vero pacifista e, per evitare le morti e gli ammazzamenti della crociata che si profilava all’orizzonte, si mise in testa di creare un ordine di predicatori che mostrassero al popolo l’errore dell’eresia catara. Per farlo il Domenico mise insieme un gruppo di uomini che vivevano in miseria e umiltà, cercando di dimostrare al popolo che non tutti gli ecclesiastici erano dei porci ricchi e corrotti.


Possiamo immaginare che il Folco, che aveva passato anni in’abbazia come Thoronet, dove si seguivano rigidissime regole, avesse preso immediatamente in simpatia il Domenico e infatti lo nominò predicatore della sua diocesi.
Nonostante l’ordine dei predicatori di Domenico fosse riuscito ad ottenere l’approvazione papale nel 1216, creando il primo nucleo di quelli che sarebbero diventati i domenicani, questo non servì a fermare la crociata che il Folco caldeggiava con ardore.
Il resto è storia e oggi la crociata contro gli Albigesi è ritenuta un vero e proprio genocidio che portò alla morte di moltissime persone ma anche questo massacro non bastò a placare il Folco che, una volta che il trattato di Parigi del 1229 mise fine alle ostilità, si prodigò per gettare le basi di quella che in futuro diverrà l’inquisizione.
Anche non volendo considerare la crociata e l’inquisizione a noi viene da chiederci come mai Dante avesse messo Folco in paradiso tra i beati, perché non ci pare proprio che abbia avuto una vita poi così pia.
Poi riflettiamo meglio su ciò che il Folco dice in Paradiso, dove spiega che l’amore provato in vita è una creazione divina e che ogni desiderio viene lì appagato, come se il sentimento d’amore rendesse puro qualunque atto commesso e la successiva vita ascetica fosse stata il necessario pentimento.
Ovvio che Dante, che ‘sto pippone lo ha scritto per arrivare alla sua Beatrice, metta Folco in Paradiso, perchè se un trovatore dedito all’amor cortese come lui aveva potuto trovare la redenzione allora c’era speranza anche per il Sommo Poeta c’era speranza.


Il traditore del Santo Graal
Come dicevamo prima però, ai nostri occhi moderni, il Folco era tutto meno che uno stinco di santo e in particolare si accanì sulla sua figura, all’inizio del novecento, lo scrittore Otto Rahn.
Otto, nato nel 1904, fin dalla gioventù rimase affascinato dai trovatori occitani e partendo da quello si fece una sua idea romantica del sud della Francia e, viaggiando in loco e approfondendo i suoi studi, arrivò a due conclusioni:
- Il Folco era un traditore di tutto ciò in cui l’Otto credeva perché era passato dall’essere un trovatore che cantava l’amor cortese all’essere un ferreo persecutore di quell’ideologia catara che non faceva altro che desiderare un mondo più puro e giusto
- I catari dovevano essere stati così tanto perseguitati perché in realtà erano a conoscenza di un grande segreto che avevano custodito fino alla fine. Questo grande segreto era, ovviamente e banalmente, che i catari in realtà erano i custodi del Santo Graal!
Tutto preso da queste sue fantasie il povero Otto scrisse un libro, “crociata contro il Graal”, dove esponeva tutte le sue teorie per bene ma, purtroppo per lui, eravamo negli anni trenta in Germania dove quello che più di tutti credeva in certi argomenti mistici era tale Heinrich Himmler e così il povero Otto si ritrovò, volente o nolente, a indossare la divisa delle SS.
Ovviamente diventare una SS se sei gay e se nutri seri dubbi sul regime nazista poteva non essere stata la migliore delle idee ma immaginiamo che Otto non abbia avuto poi molta scelta in merito e sebbene si dica che ad un certo punto fosse riuscito a “dare le dimissioni” la sua storia non finì bene.
Pochi giorni prima del suo matrimonio programmato, e annunciato personalmente da Himmler, Otto scomparve. Era marzo e solo a maggio fu ritrovato un cadavere gravemente decomposto che fu identificato come il suo dagli effetti personali.
Sulla morte di Otto sorsero leggende di ogni genere perché alcuni lo volevano suicida in un antico rito cataro, altri pensavano fosse stato assassinato e ovviamente ci furono anche quelli che pensarono avesse inscenato la sua morte e avesse ricominciato una nuova vita altrove.

A noi viene da commentare che, come dice il proverbio “Scherza con i fanti e lascia stare i santi (e i beati)”: forse sarebbe stato meglio se il povero Otto avesse fatto come Dante e si fosse limitato a glorificare l’arte trobadorica di Folco senza andare tanto in giro a scavare i come e i perché di una crociata che era avvenuta troppi secoli prima perché la sua sensibilità novecentesca potesse accattarne le reali motivazioni, da una parte o dall’altra.
E chissà, se lo avesse fatto magari avrebbe anche potuto soffermarsi tra le possenti mura dell’Abbaye du Thoronet e magari immaginarsi la voce possente del Folco che cantava il suo amore immortale, fosse questo per le donne o per Dio.
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Senanque resta la mia preferita ma anche Le Thoronet mi piace molto anche se durante la mia visita non ho approfondito le tresche di Folco, o meglio Folchetto di Marsiglia, un nome che fa veramente ridere!
Sì, questa volta era avvantaggiata: il Folchetto fa ridere anche solo a pronunciarlo!😂
Questo sì che è un luogo che visiterei volentieri. Abbazie e monasteri spesso nascondono storie incredibili e piene di mistero, così come i protagonisti delle vicende che ci avete raccontato.
Ho visitato tutti e tre i monasteri “le tre sorelle provenzali” in tempi diversi e sono tutti stupendi e davvero meritano una visita!
Non avevo mai sentito parlare dell’Abbazia di Thoronet in quel di Provenza, perciò lo inserisco assolutamente tra le cose da fare.
Se passi per la Provenza è di certo una bella tappa da fare!
Folchetto di Marsiglia è un nome che a prescindere ispira simpatia, e in effetti anche io faccio fatica a immaginarlo da cantautore a recluso in un posto dove per ricordarti di non parlare ti mettono una bella scultura con una lingua tagliata! In questo caso si può proprio dire che the medium is the message.
Assolutamente!🤣
Chissà dove sta la verità sulla figura di questo Folco. Io, nel dubbio, seguo Dante!
A parte la storia dietro l’ospite, questa abbazia è davvero bella e suggestiva.
Questa abbazia è uno dei tanti casi, in questa zona, di un edificio storico ristrutturato a misura di visitatore per renderlo di nuovo fruibile al pubblico e, giuro, questa è una caratteristica della Francia che non posso fare a meno di ammirare!