Bonifacio di Challant e il castello fantasy
Tutto cominciò in Francia
Essere o non essere, ricostruttivo o conservativo, questo è il problema!
Ci stiamo riferendo all’antico dibattito su come restaurare il patrimonio culturale anche se questa discussione si rivela sempre un ginepraio. In sunto le correnti di pensiero non sono solo se sia meglio conservare un’opera consolidandola o se si debba cercare di ristrutturarla per renderla più simile a com’era all’inizio, ma esistono davvero moltissime idee diverse in merito, alcune in diretto conflitto tra di loro, che vengono indagate in dettaglio durante congressi e assemblee a cui, di volta in volta, partecipano i maggiori esperti del settore.
Noi non ne capiamo niente e lasciamo appunto queste discussioni a chi ne sa di più, ma qui parleremo di quello che è successo nel castello di Fénis, in Val d’Aosta, e perché.
Dovete sapere che a un certo punto dell’ottocento, in Francia, un ragazzo di buona famiglia si rifiutò di iscriversi all’accademia di belle arti preferendo imparare da solo quello di cui aveva bisogna. Il ragazzo era chiaramente un sognatore, uno che al giorno d’oggi avrebbe sfogato il suo bisogno di fantastico diventando un larper ma al tempo, poiché questo passatempo non era disponibile, divenne invece un architetto con la passione per il medioevo.
Il ragazzo crebbe e con lui la sua ambizione, che era quella di immedesimarsi in un antico architetto, meglio se medievale, intento realizzare le grandi opere che erano giunte ai suoi tempi da un remoto passato.
Tanto girò e tanto fece che il ragazzo, di nome Eugène Viollet-le-Duc, alla fine fu riconosciuto come uno dei maggiori restauratori del suo tempo e gli vennero affidati progetti importanti, che erano intesi a tramandare alle future generazioni i monumenti francesi più importanti come, per esempio, la cattedrale di Notre Dame a Parigi.
Il punto, a quel tempo, era che i suoi restauri rendevano dei posti che in precedenza erano ritenuti delle rovine di scarso interesse, luoghi che potevano rinascere a nuova vita, come la città di Carcassonne che era solo un cumulo di sassi e che Viollet-le-Duc rese un’attrazione turistica che ancora oggi attrae visitatori da ogni dove.


La rinascita della stalla-castello
Mentre in Francia si restaurava immedesimandosi nell’architetto originale e ‘immaginando’ quello che non c’era più per ricostruirlo, in Italia la passione per il medioevo impazzava e a Torino, per l’esposizione generale italiana del 1884, veniva creato da zero il “Borgo Medievale”, un intero villaggio con edifici che avrebbero dovuto riprodurre fedelmente l’architettura cinquecentesca italiana.
Questo borgo sorse per volere dell’architetto Alfredo d’Andrade, un altro amante del medioevo e seguace delle idee di Viollet-le-Duc sul restauro.
E il castello di Fénis, direte voi, che cosa c’entra?
Dovete sapere che l’Alfredo era andato un po’ in fissa con questo castello, tanto che aveva usato il suo cortile come ispirazione per il Borgo Medievale di Torino, così aveva fatto pressioni perché lo stato italiano lo acquistasse.
Al tempo, come oggi, le questioni statali andavano a rilento ma l’Alfredo tenne duro e alla fine il castello fu comprato e lui poté finalmente metterci mano e dare il via al restauro.
Magari state temendo che l’Alfredo, preso dalla foga di ricostruire come se fosse un architetto medievale, abbia creato un mostro fantasy perché, in parte, è davvero quello che è successo, solo che la colpa non la possiamo dare a lui ma a chi venne dopo. In realtà l’Alfredo fece del suo meglio, con gli scarsi fondi che aveva ottenuto, per consolidare e ripulire il castello di Fénis che, nei secoli di abbandono, era finito per essere usato come stalla e casa colonica.
Fu solo in seguito, con un aggressivo restauro del 1934, che a Fénis furono aggiunte parti per renderlo più scenico e “medievale”, come ad esempio ricostruendo quasi di sana pianta la prima cinta muraria che dona al castello l’aspetto esterno con cui lo vediamo oggi.

Bonifacio il poeta
Comunque sia andata la vicenda dei suoi restauri, noi ci limitiamo a goderci il panorama mentre indaghiamo su un’altra questione: ma questo castello che cosa ci fa qui?
Sì, certo, il castello sorge in pendenza e sarebbe strano se così non fosse, visto che di grandi pianure in Val d’Aosta non ce ne sono, ma in generale non è il solito castello arroccato sopra una rupe irraggiungibile ma è invece abbastanza accessibile, quindi viene un po’ da chiedersi perché mai fosse così poco difendibile.
Il fatto è presto detto: questo non era tanto un castello militare ma più che altro una residenza nobiliare e, sebbene non esistano prove archeologiche di questo fatto, è stato ipotizzato che fosse sorto dove un tempo si trovava una villa romana.
Il castello era stato inizialmente costruito da Aimone di Challant ma è stato suo figlio Bonifacio a ingrandirlo e a dargli la forma che ha oggi.
Il Bonifacio tra l’altro, ci pare di capire che fosse un uomo sensibile e di una certa cultura, che aderiva agli ideali cavallereschi in voga all’epoca, e lo si comprende anche guardando il bellissimo cortile affrescato del castello di Fénis, dove lungo i muri troviamo ritratti di saggi che propongono ciascuno una massima diversa in francese.
Tra queste troviamo frasi come:

“Se un uomo avesse sotto di sé il cielo, la terra e il mare e tutti gli uomini che Dio ha creato, non avrebbe niente se non avesse pace”
Oppure:
“Non è signore del suo paese chi è odiato dai suoi sudditi ma deve essere proclamato signore chi è amato dai propri fratelli”


Tra le altre però spicca una poesia che si dice sia stata composta proprio dal Bonifacio per il matrimonio della figlia, e che lo fa sembrare più umano di quanto di solito ci appaiano i personaggi storici:
“Povero passerotto che da casa mia voli così lontano dalla Dora, serba in cuor tuo il ricordo di chi prega e piange per te.”
Il soccorritore di fanciulle
Il Bonifacio, però, era anche un uomo sempre pronto a correre in soccorso a fanciulle in difficoltà, anche se siamo quasi sicuri che quest’aspetto della sua vita sia più da imputarsi alla pura politica che agli ideali cavallereschi.
Fosse come fosse, il Bonifacio cominciò la sua carriera di vassallo sotto il Conte Amedeo VI di Savoia che, come abbiamo accennato nell’articolo sul castello di Chillon, era uno cui piaceva andare in giro a guerreggiare.
Come primo giro di rodaggio, il Bonifacio visitò l’oriente, prima, e la più vicina Linguadoca poi, e a quel punto, ormai ben viaggiato, lasciò il suo castello di Fénis in balia dei costruttori e se ne parti con il suo Conte in direzione del Regno di Napoli, dove c’era una pulzella da salvare.
La suddetta pulzella, la regina Giovanna di Napoli, era una che era cresciuta a pane, intrighi e omicidi ma che, alla bisogna, non disdegnava interpretare la fanciulla in ambasce, anche se di certo a questo punto, nel 1382, tanto fanciulla non più, era essendo una cinquantenne con quattro matrimoni sul groppone.
L’Amedeo e il Bonifacio però non guardavano a queste sottigliezze e partirono a spron battuto per salvare lei e, soprattutto, il suo regno ma, nonostante i buoni propositi, l’Amedeo morì di peste nel tragitto e il Bonifacio ebbe poco da salvare, perché la Giovanna fu assassinata poco dopo.

Vabbè, morta una pulzella se ne fa un’altra, come si suol dire, e l’Amedeo si era lasciato alle spalle una vedova, la Bona di Borbone pure lei già nominata nell’articolo su Chillon, che era diventata reggente in nome dell’erede di casa Savoia, Amedeo VII.
Bonifacio così andò solerte a mettersi al di lei servizio e la Bona, che era una con l’occhio lungo e che aveva già governato durante tutte le assenze del marito, se lo prese come consigliere.
La consacrazione al suo ruolo di cavaliere il Bonifacio però la ottenne solo diverso tempo dopo, con l’Amedeo VIII, che gli conferì l’ordine supremo del collare, un’onorificenza che era stata creata da Amedeo VI e di cui il padre di Bonifacio, Aimone, era a suo tempo stato insignito.
Se a questo punto vi è venuta la curiosità di sapere che faccia avesse questo Bonifacio, vi basterà recarvi nella cappella del castello di Fénis e osservare l’affresco de la Madonna della Misericordia che, sotto il suo mantello, protegge a sinistra i religiosi e a destra i laici. Tra questi ultimi, in vesti rosse, spicca il nostro buon Bonifacio!
Comunque un po’ stupisce che alla fine il castello di Fénis gli sia riuscito così bene, perché in realtà il tempo che per davvero il Bonifacio aveva passato a casa, tra pulzelle in pericolo, assedi, pellegrinaggi, ambascerie e chi più ne ha più ne metta, era stato bene poco!
