Dal golem agli alchimisti nel ghetto ebraico (Josefov)
Un quartiere che sembra finto
Era una grigissima mattina di primavera quando io (è la Kry che scrive!) arrivai per la prima volta a Praga, molti anni fa.
La prima cosa che vidi fu la Pařížská (Via Parigi), una strada grande e dritta, alberata, le cui case erano tutte in uno stile Art Nouveau che ricordava molto certi posti della capitale Francese ma in maniera diversa, più finta.
Questa sensazione di finto, di set cinematografico, era in buona parte dovuta al fatto che tutte le costruzioni sembravano nuove, perfettamente ridipinte e stuccate, senza un angolo fuori posto, senza un graffito, senza una macchia.
Succede ancora oggi che certi posti di Praga sembrino così ma al tempo, quando la città doveva ancora finire di darsi una bella ripulita dai tempi grigi del recente passato, la Pařížská tutta tirata a lucido sembrava davvero fuori posto, davvero artefatta.
La realtà dei fatti è che questa via, che taglia a metà il quartiere ebraico di Praga (Josefov), è piuttosto recente, figlia di una decisione di fine ottocento che prevedeva la ‘sanificazione’ del vecchio ghetto ebraico e di buona parte del centro storico che era composto da case fatiscenti, stradine strette e un generale aspetto medievale di arretratezza che era inadatto a soddisfare le esigenze di quelle persone che guardavano a Parigi come alla capitale della modernità.


Fu allora che il vecchio ghetto, che era sorto stratificandosi su se stesso fin dall’anno mille o giù di lì, fu quasi completamente abbattuto per fare spazio ai nuovi ed eleganti edifici che possiamo vedere oggi.
La Pařížská è oggi la via delle grandi firme, dei negozi eleganti e costosi, dove i turisti sbavano sulle vetrine quasi del tutto incuranti di dove si trovino perché quei negozi, per quanto esclusivi, sono la prerogativa di ogni capitale del mondo, dopotutto.
Se però si riesce a non guardare i Cartier e a ignorare i vari Balenciaga, potrete vedere il resto: quel quartiere che conserva così poco, e allo stesso tempo così tanto, della storia di Praga.
Il museo di un popolo estinto
Dovete tenere presente che per molto tempo Praga fu la città dove s’incontravano est e ovest, dove i commerci fiorivano tra oriente e occidente, scordando per un momento le guerre e le invasioni che i popoli da ambo le parti erano soliti perseguire.
In questo clima multietnico si stabilì una fiorente comunità ebraica che, nonostante le mille persecuzioni operate di volta in volta nel corso del tempo, riuscì comunque a sopravvivere e a prosperare.
Ovviamente, essendo parte della storia più recente, il dramma che viene subito in mente apprestandosi a visitare il quartiere ebraico è quello del nazismo e delle deportazioni e sentirete spesso ripetere, quasi come un mantra, la frase: “Hitler voleva conservare il ghetto di Praga come museo di un popolo estinto.”
La frase sembra quasi fatta apposta per il clickbait e, per quanto orribile, è anche vera. La persecuzione nazista, però, è stata solo la punta dell’iceberg di una lunga serie di pogrom che hanno attraversato il quartiere. In tanti, nel corso dei secoli, si sono impegnati in campagne d’odio che hanno incendiato la città, dalla pasqua di sangue del 1389, dove morirono quasi tremila persone, passando per l’incendio francese del 1689 (così chiamato perché ne furono incolpati gli agenti del re sole, che si diceva volessero mettere zizzania), fino all’espulsione degli ebrei dal ghetto nel 1744, quando l’imperatrice Maria Teresa li ritenne responsabili di aver appoggiato il nemico nella guerra contro la Prussia.
Se i nazisti non sono stati i soli ad accanirsi sul quartiere, sono di certo quelli di cui resta a tutt’oggi l’ombra più pesante e visibile. Basta visitare la sinagoga Pinkas per vedere sui muri, divisi per città, i nomi di tutti gli ebrei che furono deportati nei campi di concentramento, affiancati dalle loro date di nascita e di morte.
Se già questo non bastasse a darvi una sensazione di tristezza infinita, potrete vedere al piano superiore anche i disegni realizzati dai bambini del ghetto di Terezín, che si trova vicino a Praga, e vi giuro che guardare quei disegni a matita con gli occhi di un adulto riporta alla mente incubi agghiaccianti.

Un cimitero condominiale
A noi però non piace intristirci troppo quindi, dopo questa terribile parentesi, passiamo ai soliti argomenti cazzari!
Nel giro del quartiere ebraico è d’obbligo visitare il cimitero, quello che si vede in tante foto con tutte le tombe accatastate, ma prima di entrare date uno sguardo anche all’ex sala delle cerimonie, che è una specie di castelletto adiacente al cimitero.
Sembra vecchia ma, come molte cose a Praga, è solo in stile neo-romanico e in realtà è stata costruita all’inizio del ventesimo secolo per ospitare le cerimonie funebri. Oggi potete vedere all’interno, grazie a una serie di grandi quadri, alcuni dei momenti salienti delle cerimonie mortuarie ebraiche nel corso dei secoli. Visitarla prima del cimitero vi darà qualche informazione in più sulle sepolture e vi metterà nel giusto stato d’animo, preparandovi alla vista delle numerose lapidi accatastate.
Non è che sia esattamente normale costruire le tombe una sopra l’altra ma, in questo caso particolare, accadde perché il terreno concesso agli ebrei per la sepoltura era quello e solo quello e di conseguenza, con il passare dei secoli, non potendosi allargare si dovette procedere a questa sorta di accatastamento che crea uno scenario davvero gotico.
Ovviamente per godersi appieno l’atmosfera si dovrebbe visitare il cimitero in autunno o inverno, con magari un po’ di nebbia e con un corvo solitario appollaiato su un ramo, ma anche con il bel tempo questo posto non perderà troppo fascino, non preoccupatevi.


Rabbi Loew tra golem e realtà
Tra le tombe la più famosa, quella che tutti cercano, è quella di Judah Loew ben Bezael (meglio noto come Rabbi Loew), il mitico creatore del leggendario golem di Praga.
E’ probabile che lo conosciate già, questo golem, perché lo si è visto e rivisto in mille storie, film e fumetti ma, nel caso ve lo foste perso, la storia dice più o meno così: Rabbi Loew costruì un golem, un gigante fatto di fango e animato, che avrebbe aiutato gli ebrei in molte cose. Il golem era forte e resistente ed eseguiva ogni ordine del suo padrone ma non aveva né pensieri né sentimenti. Era in pratica un antesignano dei moderni robot.
Per la cultura ebraica il sabato è il giorno del riposo e, come tutte le altre cose, anche il golem doveva riposare ma il rabbino, in un momento di distrazione, diede un compito al golem proprio quel giorno e questi impazzì e cominciò a distruggere tutto quello che incontrava fino a quando il rabbino, che gli aveva dato vita scrivendo sulla sua fronte la parola ‘verità’, che in ebraico è אמת, non riuscì a cancellare l’ultima lettera, trasformando la parola in מת, che significa ‘morto’.
Dopo quel giorno il rabbino rinunciò a usare i golem e i resti di quello che aveva distrutto furono portati nella soffitta della sinagoga, dove si dice che si trovino ancora oggi.

La sinagoga in questione è quella chiamata vecchio-nuova, che si trova vicino al quartiere ebraico e quasi sulla Pařížská ma, anche se è possibile visitarla, di certo nessuno vi farà entrare nella soffitta per controllare, quindi non saprete mai se questa storia è vera o no!
Ora però passiamo dalla leggenda alla realtà perché Rabbi Loew è esistito per davvero, e avete pure visitato la sua tomba, ma la domanda resta: chi era?
Era un grande studioso che era nato all’inizio del sedicesimo secolo ed era contemporaneo di un altro famoso personaggio di Praga: Mordechai Maisel, colui che divenne primate (oggi diremmo una specie di sindaco) della comunità ebraica di Praga.
Fu Maisel a chiamare a Praga Rabbi Loew perché assumesse la posizione di principale autorità teologica e pedagogica della comunità poi, da lì, nacquero le leggende, forse anche perché questi due se la intendevano un po’ con tutti nella Praga del loro tempo, compreso l’imperatore Rodolfo II, che era noto per la sua passione per l’alchimia e per tutto ciò che era ‘magico’.
La casa dell’alchimista
Il fatto è che, al tempo, la religione cristiana condannava aspramente le pratiche alchemiche, che erano viste come stregoneria, e di conseguenza gli alchimisti non potevano lavorare apertamente ai loro progetti in luoghi che fossero sotto la giurisdizione cristiana e, per questo motivo, i loro laboratori si trovavano nei dintorni del quartiere ebraico, per sfuggire così alle leggi in vigore, cosa che ovviamente l’imperatore sapeva e incoraggiava, continuando a invitare sempre più studiosi nella sua capitale.
Una ventina di anni fa, durante i lavori di ristrutturazione di un’antica casa che era miracolosamente sopravvissuta alla demolizione del vecchio ghetto, ci si rese conto che quell’edificio era stato un tempo un vero e proprio laboratorio alchemico. Oggi quella casa è protetta dall’UNESCO e la si può visitare, ma percorrere una serie di stretti e oscuri cunicoli sotterranei sarebbe poco interessante, così ci si è inventati una specie di piccola visita a un laboratorio alchemico, riallestendo gli spazi con evocativi mobili, quadri e ammennicoli, compresa una libreria con passaggio segreto per scendere sotto la casa.
Sebbene questo posto, che si chiama ‘Speculum Alchemiae’, non sia particolarmente interessante per chi cerca tracce di antiche magie, è invece davvero importante per la ricostruzione storica di quel periodo e noi, personalmente, lo adoriamo e vi consigliamo di farci un giro!


Tutto qui è neo-qualchecosa
Tornando invece al nostro nuovo personaggio, Mordechai Maisel fu per il ghetto ebraico molto più importante del leggendario Rabbie Loew, perché fu lui a far costruire molti dei luoghi che possiamo visitare ancora oggi, come la sinagoga Maisel e il municipio del quartiere ebraico, che è il bel palazzo che potete vedere davanti alla sinagoga vecchio-nuova e che riconoscerete subito perché è dotato di un orologio con numeri ebraici e lancette che segnano il tempo andando all’indietro.
Oggi il municipio è ancora in uso alla comunità ebraica e al piano terreno potete trovare anche un ristorante kosher che è aperto ormai da più di un secolo.
Per concludere il tour di Josefov, dovreste proprio visitare la sinagoga spagnola perché tra tutte, sebbene sia quella più recente, è anche quella che lascia i visitatori a bocca aperta per la sua bellezza, poiché l’interno è decorato in un incredibile stile neo-moresco completamente dorato.
Davanti alla sinagoga potrete anche vedere un’inconsueta ‘statua equestre’ dello scultore ceco Jaroslav Rona che rappresenta lo scrittore Franz Kafka, che nacque e visse in questa città che per lui era una specie di madre/matrigna.
Un eccentrico alchimista senza naso
Adesso però, dopo tante descrizioni serie, abbiamo davvero bisogno di decomprimere quindi, per fare felici tutti coloro che sono affascinati dall’alchimia, usciamo dal quartiere ebraico e facciamo un salto nella città vecchia, per visitare la cattedrale di Týn, dove è sepolto uno che era amicicio sia del Rabbi Loew che del Maisel: Tycho Brahe!
Oggi noi lo consideriamo un astronomo ma al suo tempo, alla corte di Rodolfo II, era stato assunto come matematico e come alchimista, perché era normale che gli studiosi si dilettassero di tutto un po’.
Ora, Il Tycho era uno testardo per natura, tanto che a vent’anni aveva litigato con un tizio, un nobilotto che era pure suo lontano parente, perché ognuno dei due diceva di essere più bravo dell’altro in matematica o un’altra discussione futile di questo tipo.
Alla fine i due imbecilli (perché, per quanto fossero studiati, ‘sti due proprio furbi non ci pare lo fossero) decisero di sistemare la diatriba con un duello alla spada ma siccome sarebbe stato troppo facile farlo di giorno pensarono, usando tutta la loro considerevole e millantata intelligenza, di farlo al buio.


Il Tycho vinse ma il suo avversario lo ferì al viso, tranciandogli di netto un pezzo di naso e sebbene dopo il duello i due abbiano fatto pace, diventando pure amiconi, il nostro intelligentissimo astronomo-alchimista-matematico passò il resto della sua vita con un naso finto.
Ora, uno con un ego così, tale da litigare su frasi del tipo ‘io sono meglio di te’, secondo voi poteva avere un naso finto normale? Certo che no! Lui ce l’aveva d’oro!
Tra le sue altre stramberie bisogna ricordare anche che aveva come animale da compagnia, che teneva nel suo osservatorio, un alce cui era solito dare da bere secchi di birra. Quest’alce un giorno bevve così tanto che morì cadendo dalle scale perché era troppo ubriaco.
Aveva anche assunto un nano per fargli compagnia ma, poiché lui era nobile e il nano ovviamente non lo era, l’etichetta imponeva che non mangiassero mai allo stesso tavolo, così il Tycho, dimostrando ancora una volta la sua intelligenza superiore, risolse il problema facendo mangiare il nano sotto la sua tavola.
Tutte queste cose però succedevano quando il Tycho stava ancora vagando in giro per l’Europa o viveva in patria e fu solo più avanti nella vita, dopo che con il suo amabile carattere era riuscito a litigare con il re Cristiano IV di Danimarca, che dovette trasferirsi in pianta stabile a Praga, dove l’Imperatore Rodolfo II lo accolse a braccia aperte.
A Praga frequentò tutta quella cricca di studiosi più o meno seri, e più o meno cristiani, che soggiornavano in zona e si trovò benissimo ma, poiché come abbiamo assodato non brillava per furbizia, riuscì ad ammazzarsi male.
Leggenda vuole che durante una cena a Palazzo Rosenberg (uno degli stupendi palazzi che potete visitare all’interno del castello di Praga), il Tycho avesse bevuto davvero moltissimo e fosse ubriaco fradicio. Anche da sbronzo si pregiava di essere una persona educata e così, sebbene dovesse davvero andare in bagno, si rifiutò di alzarsi dal tavolo prima del suo anfitrione. Si trattenne così tanto che gli esplose la vescica.
Ovviamente è solo una leggenda perché non si può farsi esplodere la vescica in questo modo, ma comunque pare che morì davvero dopo quella cena, probabilmente per un’infezione alle vie urinarie, e fu sepolto nella cattedrale di Týn dove potete vedere la lapide a lui dedicata.

Ora, capiamoci: gli esseri umani sono curiosi per natura e quindi era quasi impossibile che nessuno volesse andare a curiosare nella tomba del Tycho che, nel corso del tempo, fu aperta più volte per ‘accertamenti’.
Studiando i suoi resti mortali, in particolare i capelli e la barba, si scoprì che aveva in corpo elevate quantità di piombo e mercurio quando morì e qualcuno volle vederci un avvelenamento per i più svariati motivi. Pare invece probabile che fosse stata proprio la sua professione a fargli assorbire tali elementi che, forse, furono anche la causa della sua morte.
Come ultimo colpo di scena, sappiate che aprendo la sua tomba, ed esaminando il tuo teschio, si scoprirono in concomitanza del naso delle sospette chiazze verdi… se il suo naso finto fosse stato davvero d’oro non si sarebbe di certo ossidato, quindi è chiaro che quello che lui spacciava per oro era solo, rullo di tamburi, vile ottone!
Informazioni pratiche:
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Non sono mai stata a Praga, ma è nella mia lista dei desideri, prima o poi ci andrò anche io; e sicuramente includerò nell’itinerario anche il ghetto!
La via Parigi, che è quella che attraversa il quartiere ebraico, è stata la prima cosa di Praga che ho visto nella mia vita e… è stato amore!