Le stramberie del duomo di Bologna
Forse vi ricorderete che qualche settimana fa vi abbiamo parlato del blog tour della Travel Blogger Italiane a Bologna a cui ha partecipato la Kry.
Giusto per accuratezza vi ricordiamo le partecipanti, nel caso voleste andare a curiosare sui loro blog!
La Libera di Liberamente Traveller, La Paola di Pasta Pizza Scones, La Valeria di Mente in viaggio, L’Arianna di Tropical Spirit, La Cristina di Vi do il tiro, L’Elisa di Eli loves travelling, La Matilde di Around the world, La Teresa di Divertiviaggio e con la guida di “Succede solo a Bologna“.
Ebbene, visto che il blog tour durava solo una giornata non c’era stato in quel momento il tempo di visitare approfonditamente alcuni dei monumenti più interessanti di Bologna e così, complice anche la mostra sugli Yōkai, siamo tornati nella più dotta, grassa e rossa delle città e ci siamo dedicati a un giro di alcune delle sue chiese più importanti che, ovviamente, nascondono un sacco di storie interessanti.
Tanto per cominciare parleremo del Duomo di Bologna che, già dalla sua posizione, rende chiaro che in questa città c’è qualcosa di sospetto perché di solito il Duomo si trova sua una piazza e ha davanti un grande sagrato, mentre qui la Cattedrale si affaccia sulla trafficata Via Indipendenza e non c’è l’ombra nemmeno di uno slargo.


Anche la facciata settecentesca non ci sembra abbastanza solenne per il duomo di una città così importante, non se lo si paragona a quello della vicina Modena, e anche gli interni non hanno quell’aura di solennità che ci si potrebbe aspettare e, a parte alcuni particolari che ci ricordano che questa chiesa è dell’anno mille, tutto sembra indicare che non sia poi un posto così speciale ma… perché?
Forse perché il duomo di Bologna non è San Petronio ma San Pietro e già questa cosa è sconvolgente! Ma chi lo sapeva? Voglio dire, davvero: chi lo sapeva?
Vai a Londra e, nel cortile dei gessi del Victoria and Albert Museum, trovi il calco della porta maggiore di San Petronio, mica quello di San Pietro, no?
Muore Lucio Dalla, illustre cittadino di Bologna, e gli viene tributato un solenne funerale… a San Pietro che è il duomo della città? Ovviamente no, a San Petronio!
Una chiesa disturbante
Questa cosa è disturbante e siamo quasi sicuri che pure i Bolognesi lo sappiano. Sanno che il duomo è San Pietro ma… se ne fottono! Abbiamo l’impressione che quella non sia la loro chiesa e che la amino poco e questo non da oggi, ma fin dal primo giorno in cui la costruzione di San Petronio cominciò, nel lontano 7 giugno del 1390.
Nel trecento Bologna aveva avuto un periodo un po’ “ballerino” cambiando tipo di amministrazione diverse volte, rimbalzando da comune a signoria più volte, ma riuscì comunque a mantenere in funzione il consiglio cittadino (il consiglio dei seicento) il quale era giustamente orgoglioso della loro città che era, con i suoi sessantamila abitanti, una delle più popolose del tempo.
Per chi abitasse in aree geografiche distanti da questa città, forse è meglio specificare che Bologna è proprio in mezzo tra l’Emilia e la Romagna e la sua popolazione è un ottimo mix di queste due zone ma dai romagnoli di certo i Bolognesi hanno preso la sboronaggie e già al tempo erano affetti da questo problema!
Così, in preda a un attacco di celolunghismo e vogliosi di dimostrarsi migliori di altre città come Milano o Firenze, pensarono bene di costruirsi una cattedrale che potesse diventare la più grande del mondo. Giusto per restare umili.
Siccome alcuni decenni prima San Petronio era stato dichiarato patrono della città, e poiché era proprio la città (e non gli ecclesiastici) a volere questa imponente cattedrale, si decise di intitolarla al Santo locale e si diede il via ai lavori.


Ovviamente per finanziare quest’opera servivano soldi e per raccattarli si decise di mettere una nuova tassa che però, visto che alla fine dei conti la costruzione era una cattedrale, andò a colpire non i normali cittadini ma gli ecclesiastici che non avevano mai avuto voce in capitolo sull’avvio dei lavori.
Ora, non confondiamoci: alcuni ecclesiastici nel corso del tempo saranno anche state brave persone ma la maggior parte erano secondogeniti di buona famiglia a cui della religione fregava poco ma che in compenso erano incredibilmente affezionati ai propri danari, e questa gabelle li rese stranamente furiosi ma, come accade per tutte le nuove tasse, a parte brontolare anche loro non poterono fare nient’altro e dovettero pagare.
Si cominciò così a costruire questa umile chiesetta di campagna che si prospettava dovesse diventare lunga 190 metri e larga 133, una cosina che sarebbe quasi passata inosservata. Se guardata dal satellite.
Per darvi l’idea di quello di cui stiamo parlando, tenete presente che San Pietro a Roma non raggiunge queste misure.
La costruzione fu così avviata anche se i lavori continuarono a singhiozzo a causa delle proteste degli ecclesiastici e di vari Papi ma poi, nel 1506, cominciarono i veri problemi perché in quell’anno Bologna passò ufficialmente sotto il controllo dello Stato Pontificio che vedeva San Petronio come fumo negli occhi.
Il Papa in trono al tempo era il nostro caro amico Giulio II che, per ribadire il concetto che in città dominava lui, fece mettere una grossa statua in bronzo sul portale maggiore della chiesa ancora largamente in costruzione.
I Bolognesi la presero come un’offesa molto personale perché quella era la loro cattedrale (e mica quella del Papa!), così alla prima occasione utile, che si presentò quando la famiglia Bentivoglio scacciò provvisoriamente le forze Vaticane dalla città, la statua fu assalita da una folla inferocita, abbattuta e distrutta.


Poco importa che la statua fosse un capolavoro di Michelangelo perché raffigurava Giulio II e per quello i bolognesi l’avevano odiata ma, una volta distrutta, fu subito chiaro che il bronzo non è un materiale da buttare senza cura, così i pezzi furono venduti al duca di Ferrara che, siccome era anche lui tra quelli che con il Giulio II non andavano d’accordo, li fece fondere per realizzare una colubrina (un piccolo cannone) a cui diede il nome ironico di Giulia.
Comunque i Bentivoglio non riuscirono a tenersi Bologna e in pochi anni la città tornò sotto il dominio papale e fu per quello che nel 1530, quando si dovette decidere un luogo per incoronare il nuovo imperatore Carlo V, la scelta cadde su San Petronio.
Questa cosa di incoronare un Imperatore in un luogo diverso da Roma potrebbe sembrarvi strana ma al tempo era del tutto accettabile perché solo tre anni prima la città eterna era stata messa a ferro e fuoco durante il sacco perpetrato dai Lanzichenecchi (di cui parliamo nel nostro articolo su Orvieto) e i romani erano davvero poco entusiasti di ospitare di nuovo, volontariamente, le genti provenienti dal nord con tutti loro seguiti.
Incoronando Carlo V a Bologna, inoltre, si rendeva ancora più chiaro che la città, dopo anni in cui era stata contesa, era adesso saldamente all’interno dei confini dello Stato Vaticano e San Petronio era una costruzione che si avviava ad essere imponente e quindi adeguata allo scopo.
Nonostante il momento di grazia che San Petronio ebbe dopo questo sontuoso evento, pochi anni dopo le cose precipitarono con l’arrivo al soglio pontificio di papa Pio IV che era quello che potremmo definire “il figlio della serva”, nel senso che il suo nome di battesimo era Giovanni Angelo Medici di Marignano e, sebbene vantasse una relazione con i Medici in realtà proveniva da un ramo molto lontano della famosa famiglia fiorentina ed era nato a Milano.


Pio IV durante il suo papato si dimostrò un grande ipocrita perché si accanì con forza contro i Carafa a cui apparteneva il suo predecessore Paolo IV, grazie al quale molti membri di quella famiglia avevano assunto ruoli dominanti all’interno dello stato Vaticano.
Ovviamente, mentre da una parte lottava integerrimo contro il bieco nepotismo del Paolo IV, dall’altra faceva la stessa cosa e procurava incarichi su incarichi a suo nipote Carlo Borromeo che ad un certo punto divenne legato pontificio a Bologna.
Il Carlo era comprensibilmente grato allo zio per avergli dato una spintarella e così, in quel di Bologna, fece del suo meglio per rendere chiara la sua lealtà al papa sovrintendendo la costruzione dell’archiginnasio, un edificio che avrebbe riunito in un unico luogo tutte le varie aule universitarie prima sparse per la città. Bell’idea, no?
Ehm… l’idea era di certo ottima e una tale costruzione avrebbe di certo potuto ricevere grandi consensi se non fosse per il fatto che il luogo scelto per la costruzione era proprio di fianco al cantiere di San Petronio. A dodici metri. Proprio nel punto dove avrebbero dovuto cominciare i lavori di costruzione del grande transetto della chiesa…
La domanda sorge spontanea: ma glielo hanno fatto apposta? La risposta altrettanto sincera è: sì!!! Ovvio che sì! Non conta quanti secoli fossero passati dall’inizio della costruzione, il fatto che San Petronio fosse una grande cattedrale sorta per volere cittadino continuava a essere una spina nel fianco per gli ecclesiastici e con questa mossa misero per sempre fine alle idee sborone dei bolognesi.
Nei secoli successivi si finì di chiudere le navate ma non si riuscì mai ad accordarsi per un progetto che completasse la facciata che rimase incompiuta come ancora la vediamo oggi. Il comune di Bologna accettò alla fine di trasferire la proprietà di San Petronio alla diocesi solo in tempi molto recenti, ovvero nel 1929 ma perché la chiesa fosse consacrata si dovette aspettare il 1954… e questa cosa è davvero assurda se pensate che comunque San Petronio era già stata comunque utilizzata per varie celebrazioni compresa pure un’incoronazione imperiale!
Per concludere la storia della chiesa più amata di Bologna va ricordato che finalmente nell’anno 2000 le reliquie di San Petronio furono trasferite dalla vicina basilica di Santo Stefano, dove si trovavano in precedenza, alla Basilica costruita appositamente per contenerle.


Un cambio di destinazione d’uso e altri problemi religiosi
E visto che ormai l’abbiamo nominata… via! Andiamo a vedere anche Santo Stefano e cerchiamo di capire perché le spoglie del Santo bolognese per antonomasia non fossero contenute nel duomo ma bensì in questo posto che, vi avvertiamo, ha un’aura di leggenda e mistero che da sola vi convincerà a visitare questa basilica.
Tutto iniziò intorno all’anno 100 (e no, non ci siamo dimenticati uno zero!) quando qualcuno decise di dedicare un tempio a Iside Vincitrice esattamente in questo punto.


Una delle caratteristiche di questo culto era un forte legame con l’acqua che doveva rappresentare il Nilo e di conseguenza i templi dedicati a questa dea avevano spesso delle cisterne sotterranee o, come in questo caso, sorgevano su fonti naturali.
Di fianco a questo tempio ad un certo punto quel burlone di Sant’Ambrogio, nel 393, che invece di starsene solo a Milano amava andarsene in giro, scoprì le tombe di due martiri cristiani, i Santi Vitale e Agricola, e volle erigere una chiesetta in loro onore.

L’Ambrogio evidentemente aveva detto al suo amico Petronio che a Bologna si mangiava bene e così qualche tempo dopo arrivò in zona pure lui che, dopo essersi fermato in osteria, decise di visitare i le tombe di Vitale e Agricola ma quel tempio pagano lì di fianco lo infastidì e quindi pensò bene di riconvertirlo in battistero, visto che la fonte c’era già.
Per accertarsi che tutte le impurità pagane fossero cancellate pensò bene di versare nella fonte un’ampolla dell’acqua del Giordano e il gioco fu fatto. Visto com’è facile cambiare destinazione d’uso a un edificio? Qualcuno potrebbe spiegarglielo a quelli che lavorano in catasto?
Il Petronio poi, ormai grande estimatore della cucina della zona, decise di stabilirsi qui e intanto che c’era diede pure disposizioni per esservi sepolto e, a con questo in mentre il battistero fu adattato allo scopo, costruendovi al centro un cella sormontata da un pulpito e avviando un restauro che avrebbe reso il posto simile al Santo Sepolcro di Gerusalemme e infatti oggi questa chiesa è nota come Basilica del Sepolcro.
E’ da notare che come sempre, quanto avvengono questi passaggi dalla cultura pagana a quella cristiana, alcune tradizioni permangono ed è quasi impossibile cancellarle e anche in questo caso fu così, o almeno è quello che ci sembra di intuire leggendo tra le righe perché il culto di Iside pare fosse abbastanza sentito tra le donne (anche se su questo punto gli studiosi stanno ancora dibattendo) e nei secoli si mantennero alcune tradizioni tipicamente femminili che si svolgevano in questo posto.
Le donne incinte per esempio erano solite camminare trentatre volte intorno alla basilica entrando dopo ogni giro a pregare per il nascituro davanti al dipinto della madonna in attesa di Gesù, mentre le prostitute di Bologna erano solite recarsi nella basilica la mattina di Pasqua in ricordo di Maria Maddalena, pronunciando una preghiera segreta che non era nota ad altri che a loro.
Comunque questo luogo continuò ad accrescere la sua importanza religiosa nel corso dei secoli e quando arrivarono i Longobardi pensarono bene di costruire affiancata alla basilica una nuova chiesa, poi arrivarono i benedettini e a loro volta decisero di aggiungere una chiesa e poi… insomma, Santo Stefano è noto anche come “complesso delle sette chiese” non senza un motivo perché a furia di aggiungere qui è diventato una specie di labirintone dove si sovrappongono opere di ogni epoca, partendo dalla parte più antica del quinto secolo e avanzando fin quasi ai giorni nostri.


Gli ultimi grandiosi lavori a questo complesso sono avvenuti durante il restauro che cominciò a fine ottocento e finì nei primi anni del novecento. Vi abbiamo parlato spesso di questa voglia ottocentesca di recuperare il passato e ricrearlo con ristrutturazioni più o meno fantasiose e in molti casi i risultati sono stati qualcosa di veramente spettacolare da vedere, come accadde al castello di Fénis o al palazzo re Enzo qui a Bologna, ma nel caso del complesso di Santo Stefano per quanto il risultato sia stato esteticamente d’impatto ci ha purtroppo tolto alcune informazioni che ora ci dispiace non poter più avere.
Dovete sapere infatti che la Basilica del Sepolcro era stata costruita a copia della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme costruito da Costantino nel quarto secolo e distrutta intorno all’anno mille. A Gerusalemme la Basilica fu poi ricostruita dopo l’anno mille ma la sua copia a Bologna invece rimase immutata nel corso dei secoli rispecchiando quella antica.
Purtroppo i restauratori ottocenteschi non erano in possesso delle informazioni necessarie e quando decisero di mettere mano alla Basilica Bolognese usarono come riferimento la “nuova” basilica di Gerusalemme e nel loro tentativo di togliere alcune cose che credevano fossero aggiunte successive andarono invece a mutare le proporzioni originali del posto e cancellando così alcune informazioni che avrebbero potuto essere importanti per ipotizzare con più precisione come fosse in realtà la Basilica distrutta di Gerusalemme.
E adesso, prima di lasciarvi, vogliamo raccontarvi due curiosità di questo posto che ci hanno divertiti: la prima la potrete vedere passando qualche momento nel chiostro circondato da colonne. Alcuni capitelli di queste colonne raffigurano figure umane particolarmente “contorte” e pare che sia stato proprio guardandole che Dante abbia trovato l’ispirazione per diverse delle peggiori punizioni del suo Purgatorio.
L’altra curiosità invece riguarda una statua che si trova nella Chiesa del Crocifisso da dove di solito si accede al complesso. A sinistra dell’ingresso troverete un gruppo scultoreo che rappresenta il “compianto sul Cristo morto” e per quanto la guardiate non riuscirete a prima vista a notare la sua particolarità perché quest’opera è realizzata in carta pesta e una leggenda ci dice che per la sua creazione siano stata usate le carte da gioco sequestrate quando il gioco d’azzardo fu dichiarato illegale.

Bello approfondire la storia di Bologna con te, dopo il blog tour infatti mi erano rimaste molte curiosità che tu come sempre, facendomi sorridere, hai soddisfatto. Comunque davvero bella città, bisogna tornare
Sì! Torniamoci che io ho bisogno di più tortell… ehm… di una visita più approfondita!
Che articolo superlativo questo! San Petronio é uno di quei luoghi che mi hanno fatto innamorare perdutamente di Bologna! Ma ci sono altre mille misteri che mi attendono nel ritornare a Bologna. Faró tesoro di queste tue indicazioni
Bologna è sempre fantastica! Noi stavamo pensando di tornarci di nuovo… ma forse la cucina ha qualcosa a che fare con questa decisione…😇
Un articolo vero e allo stesso tempo divertente e leggermente irriverente, bravissima, mi è piaciuto tanto scoprire questi piccoli misteri
Bologna è una città ricca di segreti e misteri. Mi raccomando però, la prossima volta che vieni, chiamami perché abbiamo in sospeso dall’ultima volta, una cena in trattoria.
Sìììì! Trattoria! Osteria! Siamo sempre pronti per mangiare!😘
Avete scelto tre chiese bolognesi veramente belle, direi il top! Ho visto il vostro video su youtube ed è molto interessante!
Grazie Cristina! Spero che torneremo presto a Bologna per altri giri!
Ho amato tutto questo articolo! Assurdo come, nel passato, si volesse sempre non venir meno rispetto ad altre città per quanto riguarda le costruzioni, soprattutto quelle religiose!
Io adoro il fatto che queste competizioni che, come dici tu, erano (e sono) assurde ci abbiano regalato così tanti monumenti incredibili!
Ci credi che sono stata a Bologna quasi ogni weekend per 2 anni e mezzo e non sono mai riuscita a Trovare San Petronio aperta?! Mentre Santo Stefano la conoscono benissimo, le sette chiese, una delle bellezze uniche della mia amata Bologna, mia perché è come se ci avessi vissuto davvero!
Ammetto che era la prima volta che entravo in San Petronio e… devo essere incredibilmente fortunata perchè sono arrivata ed era aperta!🤣
Come sempre quando leggo il vostro blog trovo informazioni che non conoscevo e scritte in un modo fluido e accattivante che mi fanno rimanere incollata al pc! E’ davvero un piacere leggervi, e imparare tante cose su città che ho visto anche diverse volte!
Ci fa piacere che ti piaccia leggere il nostro “stupidario”!😂
Oddio che storia complicata! E i bolognesi mi sembra che abbiano preso gusto a rendere le cose più complicate, oltre che ad avere problemi di celolunghismo. Ancora una volta mi avete raccontato una storia che non conoscevo e soprattutto mi avete fatto venire in mente che dovrei proprio tornare a Bologna. La prossima volta il blog tour non me lo perdo.
I Bolognesi sono noti per essere sboroni e evidentemente hanno cominciato ad esserlo molto tempo fa! 😂
Sono davvero meravigliata dalla maestosità di questo edificio. Lo trovo elegante e allo stesso modo inquietante. Sicuramente è preferibile esplorarlo con una guida qualificata, vista la sua storia intricata e la continua variazione di stili. Da tenere in considerazione durante una passeggiata a Bologna.
Ammetto che noi abbiamo curiosato un po’ sui tuor disponibili sulla pagina “Succede solo a Bologna” e di certo alcuni torneremo per farli con loro!
Se la storia me l’avessero raccontata così a scuola mi sarebbe piaciuta molto di più! Molto interessante questa storia di San Petronio!